Da ieri il M5S è nemico dei sovranisti. La Lega lo era già.

italia_pondi Stefano D’Andrea, da Appello al Popolo

Quando il 2 giugno del 2009 creai il blog Appello al Popolo, anteposi al mio manifesto personale una premessa, nella quale, tra l’altro, scrivevo: “… Intanto il tempo trascorre e la soluzione jugoslava alla crisi della Repubblica comincia a intravedersi all’orizzonte, non certo come necessità ma comunque come possibilità. Servirebbe un Fronte. Un Fronte Popolare. Una unione di diversi. Il Manifesto enuncia quelli che dovrebbero essere i principi unificanti“.

Successivamente, ho scritto che “La crisi dell’euro è un’occasione unica e irripetibile“, occasione che deve essere sfuttata per costruire il partito sovranista: sovranismo è il termine che, in Italia, deve designare in positivo il pensiero anti-globalista e anti-unionista. Il settimanale “Il Mondo” ha poi convenuto che il termine che designerà uno dei due poli politici del futuro sarà “sovranismo”: “Sovranismo o globalismo questo è il problema“. Sovranismo designa l’istanza di piena riconquista della sovranità e quindi di recesso dall’Unione europea e non di abbandono del solo euro, ricollocando al vertice delle fonti del nostro ordinamento la nostra Costituzione economica, attuando la quale, dal 1951 al 1971, abbiamo avuto l’unico ventennio nel quale il PIL del sud Italia e delle isole cresceva più del pil del centro-nord, e ancora nel decennio successivo, sebbene le distanze cessarono di accorciarsi,  la crescita del centro-nord fu pressoché identica a quella del sud e delle isole (osservo incidentalmente che la figura linkata mostra come negli anni 1861-1891 le quote del pil del sud e delle isole, da un lato, e del centro-nord, dall’altro, restarono pressoché identiche, con il corollario che la questione meridionale sorge dal 1891 e non dal 1861, come sostiene il fazioso articolista).

Accade ora che, in vista delle elezioni europee, la Lega, un partito morto nel cuore della maggioranza di coloro che a lungo lo hanno sostenuto, come iscritti o come simpatizzanti, tenti di rilanciarsi con la proposta di abbandonare l’euro, scelta che peraltro non coinvolge tutto il partito. Trattandosi di un tema che divide, alla Lega conviene seguire gli insegnamenti del M5S, partito che fa un uso enorme del marketing politico, in misura perfino superiore a Renzi e a Berlusconi. E’ dato così rinvenire: a) dichiarazioni di deputati della Lega secondo i quali soltanto il sud Italia dovrebbe uscire dall’euro; b) dichiarazioni di Tosi, secondo il quale l’Italia non dovrebbe uscire dall’euro; c) iniziative congiunte di Salvini e Tosi a favore di raccolte di firme per l’indipendenza del Veneto; d) dichiarazioni contenuto nel libretto di Borghi, con postfazione di Salvini, le quali adombrano la tesi secondo la quale l’Italia dovrebbe uscire dall’euro e poi sud e nord dovrebbero adottare due diverse monete.

A me sembra evidente che la Lega è sempre stata ed è ancora il partito che promuove la soluzione jugoslava alla crisi italiana e dunque è il nemico principale dei sovranisti. Nessuno stato unitario ha due (o più) monete, salvo in fasi iniziali che seguono la costituzione (l’Italia a lungo ebbe sei e poi sette banche di emissione; e le cose non è che andarono proprio bene per il sud). Proporre due monete significa proprio voler, sia pure ipocritamente, dividere l’Italia. La Lega non crede, dunque, nella Repubblica italiana, una e indivisibile. Soprattutto, la Lega non crede nella Costituzione economica. Essendo liberista, non accetta che lo Stato assuma il compito di promuovere le zone economicamente depresse: non accetta piani, programmi, aiuti di Stato, imprese partecipate dallo Stato, trasferimenti ordinari e straordinari, insomma tutti gli strumenti, suggeriti e in qualche misura imposti dalla Costituzione, mediante i quali, negli anni 1951-1971, una classe politica di eccezionale livello ridusse il divario tra sud e isole da un lato e centro e nord dall’altro. La Lega sfrutta la falsa vulgata della teoria delle aree valutarie ottimali, per perseguire quelli che sono sempre stati i suoi fini. Ma la teoria delle aree valutarie ottimali dice semplicemente che non esiste un’area valutaria ottimale e che all’interno di uno Stato nazionale, sono necessari trasferimenti che procedano al riequilibrio e, se non si è liberisti, anche altre forme di intervento dello Stato a favore delle zone economicamente depresse. Il referendum per l’indipendenza del Veneto è addirittura una vergogna. Il Veneto andrà via soltanto vincendo una guerra civile. E in questa guerra i sovranisti combatterebbero militarmente come volontari al fianco dell’esercito italiano.

E’ accaduto ieri che il M5S si sia accorto che le proposte della Lega allettano, oltre gli pseudo-sovranisti, che purtroppo non sono pochi, anche gli anti-sovranisti. Un partito come il M5S, fondato sull’uso totalizzante del marketing politico e che, infatti, sui temi importanti non prende mai posizione e lascia i due leader e i deputati dichiarare tutto e il contrario di tutto, non poteva non cercare di allettare anche i nordisti e i meridionalisti, siano essi federalisti spinti, indipendentisti, pseudo-sovranisti o semplici confusi e stremati dalla punta più avanzata del globalismo, ossia dall’Unione europea. Perciò Grillo e Casaleggio hanno pubblicato un post non firmato, intitolato “E se domani…“.

Il contenuto del post è talmente vomitevole, squallido, ignorante, da debosciati, che merita di essere riportato per intero:

E se domani, alla fine di questa storia, iniziata nel 1861, funestata dalla partecipazione a due guerre mondiali e a guerre coloniali di ogni tipo, dalla Libia all’Etiopia. Una storia brutale, la cui memoria non ci porta a gonfiare il petto, ma ad abbassare la testa. Percorsa da atti terroristici inauditi per una democrazia assistiti premurosamente dai servizi deviati(?) dello Stato. Quale Stato? La parola “Stato” di fronte alla quale ci si alzava in piedi e si salutava la bandiera è diventata un ignobile raccoglitore di interessi privati gestito dalle maitresse dei partiti. E se domani, quello che ci ostiniamo a chiamare Italia e che neppure più alle partite della Nazionale ci unisce in un sogno, in una speranza, in una qualunque maledetta cosa che ci spinga a condividere questo territorio che si allunga nel Mediterraneo, ci apparisse per quello che è diventata, un’arlecchinata di popoli, di lingue, di tradizioni che non ha più alcuna ragione di stare insieme? La Bosnia è appena al di là del mare Adriatico. Gli echi della sua guerra civile non si sono ancora spenti. E se domani i Veneti, i Friulani, i Triestini, i Siciliani, i Sardi, i Lombardi non sentissero più alcuna necessità di rimanere all’interno di un incubo dove la democrazia è scomparsa, un signore di novant’anni decide le sorti della Nazione e un imbarazzante venditore pentole si atteggia a presidente del Consiglio, massacrata di tasse, di burocrazia che ti spinge a fuggire all’estero o a suicidarti, senza sovranità monetaria, territoriale, fiscale, con le imprese che muoiono come mosche. E se domani, invece di emigrare all’estero come hanno fatto i giovani laureati e diplomati a centinaia di migliaia in questi anni o di “delocalizzare” le imprese a migliaia, qualcuno si stancasse e dicesse “Basta!” con questa Italia, al Sud come al Nord? Ci sarebbe un effetto domino. Il castello di carte costruito su infinite leggi e istituzioni chiamato Italia scomparirebbe. E’ ormai chiaro che l’Italia non può essere gestita da Roma da partiti autoreferenziali e inconcludenti. Le regioni attuali sono solo fumo negli occhi, poltronifici, uso e abuso di soldi pubblici che sfuggono al controllo del cittadino. Una pura rappresentazione senza significato. Per far funzionare l’Italia è necessario decentralizzare poteri e funzioni a livello di macroregioni, recuperando l’identità di Stati millenari, come la Repubblica di Venezia o il Regno delle due Sicilie. E se domani fosse troppo tardi? Se ci fosse un referendum per l’annessione della Lombardia alla Svizzera, dell’autonomia della Sardegna o del congiungimento della Valle d’Aosta e dell’Alto Adige alla Francia e all’Austria? Ci sarebbe un plebiscito per andarsene. E se domani…“.

Questi non credono in nulla. Un giorno dicono che bisogna che l’Italia riconquisti tutte le sovranità, un giorno sono contrari anche alla semplice e insufficiente riconquista della sola sovranità monetaria e un giorno prefigurano la distruzione della nazione. Ormai è chiaro che  il M5S è il movimento degli arancioni italiani e va combattuto in ogni modo.

Mi appello ai sovranisti pentastellati, perché riflettano a fondo: che senso ha che un sovranista militi in un movimento che pubblica sul sito ufficiale un simile post? Che senso ha che un sovranista sia simpatizzante del M5S? Come si può accettare che il marketing politico giunga fino a questi livelli? Come potete non essere certi che niente di buono potrà mai venire da chi mostra di non credere in nulla e dà lezioni di paraculaggine a Renzi e a Berlusconi? Non fatevi allettare dalle lusinghe del marketing del M5S, secondo il quale siete tutti potenziali parlamentari (“oggi ci siamo noi ma domani ci sarete voi” dice il Di Battista). Voi che siete seri, voi che siete profondi, voi che credete in qualche cosa, abbandonate il Movimento. E’ un grande inganno. E’ il nemico più acerrimo dei sovranisti. Grillo e Casaleggio fanno veramente schifo.

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Una risposta

  1. Massimo Ponchia ha detto:

    Anch’io credo che il M5S sia “da scartare” come interlocutore. Troppo ambiguo, troppo opportunista. Ciò non deve tuttavia distogliere l’attenzione sul fatto che all’interno di questo movimento ci sono tante brave persone che con riferimento alla sovranità hanno idee precise. Alcune di esse sono giovani e titubanti a l’idea di lasciare il M5S cui all’inizio credevano cecamente e adesso si rendono conto che è il caso di fare alcune riflessioni, di porsi delle domande, di sviscerare i dubbi che inevitabilmente sopraggiungono. Il vero male del M5S è al vertice, dove io credo, lo scopo principale non sia quello di “fare la cosa giusta” ma di ingabbiare il malcontento per dirigerlo verso interessi e obiettivi che non sono del popolo italiano, perlomeno di quello che soffre. Io credo che per il vertice del M5S e purtroppo anche per diversi militanti, come del resto per tutti gli altri partiti, le elezioni europee non siano altro che una corsa alla conquista di una nuova frontiera del “magna-magna”. IO PER COERENZA NON PARTECIPO AL BANCHETTO.

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