Insegnamenti dal movimento del 9 dicembre per l’ARS

di Stefano D’Andrea, da appello al popolo

Il movimento del 9 dicembre ha rappresentato soltanto l’inizio di una fase politica che sarà molto lunga. Avevo scritto che “Sarebbe o sarà un errore voler organizzare immediatamente la manifestazione nazionale a Roma. La partecipazione sarebbe minore rispetto a ciò che molti, in buona fede ma ingenuamente, credono. E non otterrebbe né il risultato sperato (quale?) né alcun altro risultato”. E la previsione si è verificata. I partecipanti sono stati bravi, invece, ad evitare ogni incidente.

Calvani ha dimostrato di non avere stile (episodio della jaguar); di lasciarsi andare a frasi inaccettabili e inopportune, di non saper trovare un accordo con gli altri membri del coordinamento, di credere all’azione per l’azione e di voler fare di testa sua anche se era stato avvisato che sarebbero stati quattro gatti. I membri del coordinamento hanno dimostrato di non avere chiarezza di idee.Tutti hanno dimostrato di non avere pazienza, di non aver compreso che è appena iniziata una lunga fase della vita politica della nazione, di non capire che è necessaria una organizzazione, di non tener conto del fatto che, prima di dar vita all’organizzazione, è necessario promuovere comizi e parlare al popolo, perché il compito del popolo non è soltanto quello di protestare ma quello, ben  più nobile e importante, di partorire dal suo ventre la classe dirigente – la quale non può essere partorita se prima non si svolgono i comizi.

Positiva è stata invece la partecipazione alla protesta, soprattutto nei presidi ubicati nei centri cittadini, nonché una certa disponibilità dei manifestanti a stare al fianco di persone di diversa provevienza politica. Positivo il fatto che si sia scelto di manifestare unicamente sotto la bandiera italiana, per testimoniare che il nemico è l’Unione europea e che a rischio c’è l’Italia: il lavoro degli italiani, l’industria italiana, l’equilibrio psicico degli italiani, l’età della nostra vita media, la Costituzione italiana, la nostra storia, la nostra cultura, la nostra lingua, i nostri figli, i nostri nipoti, l’onore delle nostre glorie.

Noi dell’ARS abbiamo appreso molto da questo movimento. Ora sappiamo quale tipo di azioni si possono compiere una volta raggiunta una certa massa critica di associati e abbiamo trovato conferma del fatto che il processo di costruzione dell’ARS (come di qualsiasi altro soggetto collettivo sovranista) è quanto di più rivoluzionario si possa pensare. Sappiamo anche come dovrebbe essere organizzata e diretta la protesta,  nonché come rinsaldarla e come farla crescere una volta che sia stata promossa.

Prima si costruisce il soggetto e poi si fa la rivoluzione (democratica, ovviamente). Prima ci si disciplina e poi ci si libera. Prima si forma la parte della popolazione già interessata e poi la si invita a manifestare. Prima si parla nei comizi e si apprezzano gli oratori, poi si eleggono capi, rappresentanti e portavoce.

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