Il PATTO COSTITUZIONALE su cui si fonda la REPUBBLICA ITALIANA è stato rotto!
di Riccardo Paccosi (ARS Emilia Romagna)
Ho cercato di evitare ultimamente di parlare di questi temi, ma i recenti sviluppi mi spronano a un riassuntino del mio punto di vista.
In breve: il patto costituzionale su cui si fonda la Repubblica Italiana si è rotto.
Essendo tale patto il fondamento legale dello Stato, la legittimità innanzitutto giuridica di quest’ultimo sta venendo meno.
Perché dico questo? Per i seguenti motivi.
1) A partire dal governo Monti, l’incremento della tassazione ha destabilizzato in maniera forse ireversibile il tessuto produttivo delle piccole imprese. Il problema è che queste ultime assorbivano, a livello occupazionale, il 60% della forza-lavoro in entrata. Conseguenza: il mercato del lavoro si è congelato.
2) A questo contesto di assenza di lavoro, il Governo Renzi aggiunge in questi giorni la possibilità – per i tanti che hanno un lavoro dipendente – di essere licenziati in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo. Questo non creerà posti di lavoro (per le ragioni di cui al punto 1), bensì una massa di popolazione che ridurrà i consumi deprimendo ulteriormente l’economia.
3) Inoltre, non è una teoria del complotto bensì una notizia riportata da tutti i giornali il fatto che quest’ultima misura sul lavoro sia stata ordinata dalla BCE – in cambio d’un allentamento sui vincoli di bilancio per il governo – nel corso dell’incontro fra Renzi e Draghi svoltosi in agosto a Città della Pieve.
4) Ovviamente, tutto questo non basta. E così, il FMI indica ora all’Italia di tagliare le pensioni e di abbattere ulteriormente il sistema sanitario (già tagliato di 25 miliardi negli ultimi tre anni).
Ebbene, questa situazione ha reso e/o sta per rendere ineffettivi i seguenti Articoli della Costituzione:
1) Articolo 3 (rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale);
2) Articolo 4 (diritto al lavoro);
3) Articolo 32 (diritto alla salute);
4) Articolo 34 (diritto all’istruzione);
5) Articolo 35 (tutela del lavoro);
6) Articolo 36 (diritto a un reddito dignitoso);
7) Articolo 37 (tutela della donna lavoratrice e dei minori);
8) Articolo 38 (diritto all’assistenza, alla previdenza e alla sicurezza sociali);
9) Articolo 41 (facoltà dello Stato a indirizzare l’economia a fini sociali).
(Non sono un giurista e, sicuramente, da questo elenco potrei aver dimenticato qualche altro Articolo.)
Le conclusioni politiche sono a mio parere le seguenti:
1) Lo Stato italiano sta mettendo in atto un processo di eversione costituzionale nei confronti della propria Costituzione.
2) Questo processo eversivo è determinato dal fatto che lo Stato – questo Stato – segue indicazioni di organismi sovra-nazionali estranei al principio di potere costituente a base popolare e, pertanto, l’intero elenco di cui sopra può riassumersi con l’avvenuta ineffettività dell’Articolo 1.
3) Chi sta portando avanti questa politica in Italia, è il principale partito del gruppo PSE al Parlamento Europeo.
4) Se la vita di tutti i giorni – una visita in ospedale, il fare la spesa – peggiora perché vien meno la vigenza giuridica degli Articoli della Costituzione, non c’è altra strada che combattere per questi ultimi e, quindi, per il loro primato giuridico rispetto ai Tratatti dell’Unione Europea.
5) Dal momento che questo contrasto giuridico sta avvenendo anche in altri paesi europei, la soluzione non può essere quella che propongono le sinistre, ovvero un Super-Stato che dissolva tutte le Costituzioni senza generare nessun potere costituente a base popolare in alternativa (il progetto degli Stati Uniti d’Europa, insomma). Si tratta, invece, di tentare di promuovere un processo sociale e internazionalista in cui le popolazioni dei paesi europei rivendichino la sovranità delle proprie Costituzioni nazionali.
E così il nostro saltinbanco fiorentino vorrebbe “difendere i diritti di chi non ha diritti”, come dice lui. E qui casca l’asino, semanticamente parlando. Non è possibile, infatti, difendere i diritti di chi non ha diritti. Bisognerebbe dare a tutte le persone, che lui dice di voler difendere, tutte quelle garanzie che vorrebbe togliere a chi le ha già (o meglio: ancora). Altra cosa invece è rendere tutti uguali, precari e senza diritti per poi ergersi a paladino difensore di diritti che non esistono. Cioè di niente.
Ci libereremo
“facoltà dello Stato a indirizzare l’economia a fini sociali”.
Neanche io sono un giurista. Ma mi sembra che in realtà l’articolo 41 fissi un vero e proprio obbligo (non una semplice facoltà): “La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.”