8/9/2013: 70 ANNI FA, L'ARMISTIZIO CON GLI AMERICANI

La classe dirigente del paese è oggi allo sbando, oggi come 70 anni fa.

I giorni che precedettero e seguirono l'annuncio dell'armistizio (firmato in gran segreto con gli americani il 3 settembre 1943) rappresentarono per l'Italia e per il mondo un vergognoso esempio di cialtroneria, doppiogiochismo, improvvisazione e vigliaccheria della classe dirigente indegna con a capo il re Vittorio Emanuele III e il presidente del consiglio Pietro Badoglio, che pensarono prima di tutto a traccheggiare con tedeschi e americani (nonostante la reale minaccia di distruzione della nazione), dando assicurazioni di fedeltà da una parte e di resa incondizionata dall'altra, con l'unico intento di riuscire a organizzare la fuga, per paura di subire fisicamente la pesante ritorsione tedesca.

L'8 settembre stesso, alle 12, il re dava rassicurazioni a Rudolf Rahn, "Dica al Fuhrer che l'Italia non capitolerà mai. E' legata alla Germania per la vita e per la morte". Alle 15, l'agenzia Reuters trasmette la notizia dell'armistizio, Mario Roatta, Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito, disse a Rahn, "Questa comunicazione di New York è una sfacciata menzogna della propaganda inglese, che io devo respingere con indignazione".
In attesa delle 18,30, l'ora stabilita da Eisenhower per l'annuncio dell'armistizio, il consiglio della Corona è riunito al Quirinale. Sono presenti il re con vari ministri e ufficiali. Badoglio è assente. La sera prima, incalzato dal generale Taylor, aveva cercato di rimandare in tutti i modi l'operazione per paura di essere preso dai tedeschi di stanza a Frascati.
Al Quirinale prende la parola il capo di Stato Maggiore Generale Vittorio Ambrosio, "Su di noi sovrasta una grave sventura, gli anglo americani stanno per annunciare la capitolazione dell'Italia, cosa che non sarebbe dovuta accadere prima del giorno 12. Dobbiamo quindi decidere sul da farsi". Giacomo Carboni e Roatta (quest'ultimo assente), spingono per disconoscere Badoglio e respingere l'armistizio. Niente da fare, alle 18,30 arriva puntale l'annuncio della resa da Radio Algeri.

L'indomani dell'8 settembre, il re, Badoglio e i vertici militari fuggono verso Brindisi, senza neanche portare il testo dell'armistizio di cui ignorano le clausole. Giorni prima il re aveva fatto già spedire carovane piene di gioielli, quadri e oggetti preziosi verso la Svizzera.
Due milioni di soldati italiani senza più alcuna guida vengono così lasciati allo sbando, "disarmati con ogni mezzo e senza il minimo scrupolo" secondo le direttive tedesche. In 600.000 furono internati in lager, altri tornarono a casa in abiti civili. Alcuni iniziarono a combattere nelle strade contro i tedeschi.

Oggi come ieri, siamo ancora in guerra, anche se le armi e i metodi sono cambiati. Oggi come ieri una classe dirigente corrotta e pronta a fuggire, ignora o finge di ignorare che la Patria è al centro di conflitti e interessi contrapposti. La minaccia del crollo imminente, laddove non vi sono interessi personali da difendere, non preoccupa nessuno dei dirigenti tecnocratici europei e nessuno dei loro servitori.

Ancora una volta, bisogna riprendere in mano le sorti del paese e ricostruire l'Italia.

Gianluigi Leone – ARS Lazio

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Una risposta

  1. Truman ha detto:

    Continuiamo ad usare parole edulcorate. L'8 settembre ci fu una resa incondizionata agli USA, più che un armistizio.

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