Proposta di modifica dell’Atto Costitutivo e Statuto del FSI (per il Congresso del 27 e 28 marzo 2021)
COMUNICATO PER I SOCI
Al seguente link è disponibile il testo delle modifiche all’Atto Costitutivo e Statuto del Fronte Sovranista Italiano che il Comitato Direttivo ha deliberato di proporre all’Assemblea nazionale straordinaria (Congresso) del 27 e 28 marzo 2021.
Le parti aggiunte al testo sono evidenziate in giallo, mentre le parti eliminate, quasi sempre perché sostituite da altre (in giallo appunto), sono state evidenziate in rosso. In questo modo i soci potranno meglio individuare le modifiche proposte.
Le modifiche, a parte profili puramente formali, sono undici:
1) la modifica del nome del partito (il simbolo resta identico, salvo modifica della scritta) e la sostituzione nei documenti ufficiali del termine sovranista con quello di antieuropeista (art. 2 e art. 4, primo comma e dichiarazione costitutiva), ferma la immutabilità dello scopo sociale (art. 4, commi 2 e 3);
2) la sostituzione dello “scopo di fase” (art. 6, integralmente sostituito);
3) la scelta di auto-qualificarci come forza politica “democratica, neosocialista, antieuropeista e patriottica” (art. 9, comma primo, lett. b), ferma la scelta di non autoqualificarci per la collocazione parlamentare o extraparlamentare (centro, sinistra, destra, centrosinistra, centrodestra);
4) l’eliminazione del principio “indietro non si torna” (art. 9, comma primo lett. d);
5) l’introduzione della figura dei “soci simpatizzanti” al fianco dei “soci militanti” (art. 10 comma 4 bis per l’enunciazione e art. 11 comma 3, per l’indicazione dei diritti e dei doveri);
6) l’eliminazione del potere del Comitato Direttivo di cooptare soci ulteriori rispetto ai quindici eletti, salvo il caso che uno dei quindici sia cessato dalla carica (art. 15 comma 1 e 2 lett. e art. 17 comma 2);
7) l’aggiunta di competenze del Comitato Direttivo (art. 15 comma 2, lett. R-z);
8) l’eliminazione della carica del Vice-Presidente (art. 15 comma 2, lett. o, e comma 3 e art. 16 comma 1);
9) il compito di ricerca almeno di una larga maggioranza in assemblea, anziché della tendenziale unanimità (art. 17, comma 1, lett. c);
10) l’iscrizione da 24 mesi, anziché da 18, per far parte del Comitato Direttivo (art. 17 comme 2, lett. b e c);
11) l’aggiunta dell’aggettivo “chiare” per delimitare le questioni che i soci possono rivolgere al Comitato Direttivo (all’art. 17, comma 3, lett. b).
Seguirà la pubblicazione di apposita relazione esplicativa delle proposte di modifica.
Regolamento per l’Assemblea
1. L’Assemblea approverà le modifiche dell’Atto Costitutivo e Statuto del FSI con le maggioranze previste dallo Statuto stesso.
2. Il Comitato Direttivo, con il presente comunicato, provvede a pubblicare sul sito ufficiale del FSI le modifiche che intende sottoporre all’approvazione dell’Assemblea, cui seguirà una relazione illustrativa delle relative motivazioni.
3. È consentita ai soci la proposizione di emendamenti, sia alle modifiche proposte dal Comitato Direttivo, sia per sostenere ulteriori modifiche.
4. Gli emendamenti andranno proposti mediante commento al presente comunicato. Saranno sottoposti all’Assemblea gli emendamenti presentati da almeno 15 soci (che l’autore del commento avrà cura di indicare sotto l’emendamento) o che comunque ricevano l’adesione complessiva di almeno 15 soci (le adesioni dovranno essere comunicate, dal socio proponente, con altro commento sotto quello contenente l’emendamento), entro il 20 marzo 2021.
5. Il Comitato Direttivo potrà riformulare le proposte di emendamento, senza stravolgerne il significato, al fine di coordinarle con il testo da emendare. In tale ipotesi, i soci proponenti e/o sostenitori dell’emendamento potranno chiedere che l’Assemblea sottoponga a votazione l’originaria formulazione.
6. Ogni emendamento sarà brevemente illustrato all’Assemblea da uno dei soci proponenti e/o sostenitori, che avrà a disposizione 10 minuti, con possibilità del Comitato Direttivo, tramite uno dei suoi membri, di replicare sempre nel tempo di 10 minuti. In ragione del numero, eventualmente elevato, degli emendamenti, il Presidente potrà ridurre il tempo a disposizione per sostenere e contrastare l’emendamento.
7. Gli altri soci che intendessero appoggiare o contrastare la proposta di emendamento non potranno intervenire, ma dovranno previamente segnalare i propri argomenti rispettivamente ai soci proponenti e/o sostenitori o al Comitato Direttivo.
PROPOSTA DI MODIFICA DEGLI ARTICOLI 3 E 12 DELLO STATUTO
L’articolo 3 è abrogato e riscritto come segue:
1) “Canali ufficiali nazionali di comunicazione e divulgazione di RI sono il sito internet
istituzionale http://www.riconquistarelitalia.it, la rivista telematica “Appello al Popolo”
(www.appelloalpopolo.it) e la rivista cartacea bimestrale “Appello al Popolo.”
2) “Canali ufficiali locali di comunicazione e divulgazione di RI sono le pagine e gruppi
Facebook istituiti su base regionale e provinciale. Al Comitato Direttivo è demandata
l’emanazione di regole minime di denominazione e gestione delle pagine di modo da garantire
un minimo di coerenza e uniformità.”
3) “La scelta e l’utilizzo di altri canali di comunicazione sono rimessi al Comitato Direttivo e
l’eventuale successiva modifica o implementazione di tali strumenti non comporterà modifica
statutaria.”
Il comma 2 dell’articolo 12 dello statuto è abrogato e riscritto come segue:
“Su blog, pagine e profili personali delle piattaforme sociali di rete, ogni socio di RI
pubblicherà contenuti inerenti lo scopo sociale solo a condizione di aver già pubblicato i
medesimi contenuti in una pagina o gruppo o sito internet con chiara intestazione a RI. I
predetti contenuti dovranno in ogni caso essere firmati con nome cognome, ruolo rivestito
all’interno di RI e accompagnati dalla citazione dell’indirizzo web di prima pubblicazione del
contenuto”.
RELAZIONE ILLUSTRATIVA
Noi, associati del Fronte Sovranista Italiano, in vista della prossima assemblea nazionale, con queste proposte di emendamento vorremmo cercare di contribuire al dibattito sulla futura strategia di comunicazione del partito.
Dalla nostra esperienza personale risulta che, ad oggi, i principali canali di divulgazione del nostro
messaggio siano la nostra rivista digitale “appelloalpopolo.it” e i social network: Facebook in primis,
con la sua pagina e il suo gruppo denominati “Fronte Sovranista Italiano” e Twitter in seconda battuta.
Le pagine i gruppi Facebook intestati al partito (nazionali e locali) e i corrispondenti profili Twitter
agiscono come cassa di risonanza dei contenuti pubblicati sulla rivista Appello al Popolo, nel senso
che sono molti rari i contenuti su di essi pubblicati che non siano dei link ad articoli pubblicati su
Appello al Popolo.
La nostra rivista digitale è composta da varie rubriche: “Bacheca”, “La Rivista”, “Editoriale
quotidiano” “Azioni”, “Rassegna stampa”, “Rassegna video”, “Dall’Estero”. Di fatto, negli ultimi
mesi, sono attive solamente le rubriche “Editoriale quotidiano”, “Rassegna stampa” e “Rassegna
video”. Considerato che lo strumento principale di diffusione dei nostri scritti è Facebook e che
vengono pubblicati con continuità solamente gli editoriali quotidiani si può affermare che questi
ultimi attualmente recitino la parte del leone nella nostra strategia comunicativa.
Gli editoriali quotidiani hanno uno stile eterogeneo che va dal post Facebook di poche righe
all’articolo di approfondimento. Generalmente si tratta di articoli brevi, pensati per essere pubblicati
in un social network, di agevole lettura.
Esiste tuttavia un’ulteriore forma di diffusione delle nostre idee: la pubblicazione di contenuti sulle
pagine Facebook personali dei nostri militanti, i quali sono utenti mediamente molto attivi. Mentre la
gestione delle pagine dei gruppi dei profili social intestati al partito è improntata ad uno stile
minimalista, essendo alimentate quasi esclusivamente dall’editoriale quotidiano e dalla rassegna
stampa tratti da Appello al Popolo, non è raro trovare sulle pagine personali dei militanti anche cinque
o dieci contenuti al giorno.
Ma, in tal modo, la dimensione pubblica e quella privata inevitabilmente si sovrappongono, rendendo
difficile per il lettore operare una distinzione. Anche considerando solamente la seconda dimensione,
non è comunque facile comprendere dove arriva l’opinione a titolo personale e dove invece l’opinione
è una rappresentazione della linea politica del partito.
A nostro avviso, questa situazione provoca dei gravi inconvenienti per la vita del partito, sia per i
militanti che per i simpatizzanti. In effetti, il militante vorrebbe ricevere indicazioni chiare sulla linea
politica espressa dai rappresentanti degli organi statutari. Si obietterà che per la linea politica sono
disponibili i documenti ufficiali approvati dall’assemblea. Questi documenti sono di fondamentale
importanza per dettare le linee di fondo della nostra azione ma non sempre possono essere utili nella
contingenza del momento, nella presa di posizione specifica su un tema di attualità, nella strategia
delle relazioni con le altre forze della nostra area.
In realtà, abbiamo riscontrato in più occasioni che i militanti hanno preso posizione in modo molto
netto su importanti temi di attualità attraverso la pubblicazione di contenuti sulla loro pagina
personale Facebook. In altri casi, tali prese di posizione sono state formulate addirittura in commenti
ad articoli pubblicati sulle pagine personali di altri. Tuttavia, il simpatizzante che volesse conoscere
le posizioni del partito in merito a temi di attualità si aspetterebbe di trovarle nelle pagine ufficiali. E,
tranne alcune lodevoli eccezioni (una su tutte: il documento sull’emergenza sanitaria della scorsa
primavera) il simpatizzante rimarrà deluso e si dovrà per così dire accontentare della lettura dei
documenti ufficiali e/o degli editoriali quotidiani. Salvo andarsi a “spulciare” le pagine personali dei
militanti e dei dirigenti, scontrandosi col problema, testé evocato, della sovrapposizione tra opinioni
personali e posizioni di partito.
L’attività di direzione (nazionale e locale) del partito si esercita certamente attraverso l’approvazione
di documenti ufficiali destinati a durare negli anni, ma anche attraverso continue prese di posizioni
puntuali. Ma queste dovrebbero, a nostro parere, essere pubblicate attraverso forme idonee: la pagina
web ufficiale o il gruppo o la pagina Facebook intestati al Fronte Sovranista Italiano sarebbero
senz’altro uno strumento migliore delle pagine personali dei singoli militanti.
Vorremmo altresì rilevare e sottolineare che la forma condiziona la sostanza: scrivere un testo in un
canale ufficiale del partito e firmarsi come rappresentante (a vario titolo) del partito significa
assumere in modo inequivocabile una responsabilità collettiva, limitando in tal modo i nostri impulsi
narcisistici.
Come abbiamo scritto in precedenza, si nota tra molti di noi iscritti una propensione a scrivere molto
su Facebook. Non pare esagerato dichiarare che una gran parte del tempo che noi iscritti dedichiamo
alla militanza politica è utilizzato per pubblicare contenuti su Facebook. Questa situazione è a nostro
avviso nociva per il partito. Noi non siamo né vogliamo essere un partito basato sul marketing
politico, per il noto motivo che non consideriamo la politica come “intrattenimento” e l’elettore come
un “consumatore di intrattenimento politico” da sedurre attraverso raffinate tecniche di
comunicazione. Siamo al contrario sostenitori di un’attività politica mossa da un’ideale di giustizia
sociale ed esortiamo gli elettori di emanciparsi dal loro status di consumatori di intrattenimento
politico, facendo leva sul libero arbitrio e non sulla suggestione.
Appare sin troppo evidente, tuttavia, che Facebook sia uno strumento efficace soprattutto per chi
opera proprio con gli strumenti suggestivi del marketing politico. Non ci soffermeremo a lungo su
questo aspetto poiché lo consideriamo già chiaro a tutti gli iscritti: per essere efficace il messaggio su
Facebook deve essere breve, semplice, immediato, non deve richiedere né un grande né un prolungato
sforzo intellettivo, deve essere martellante. L’uso continuo e prolungato da parte dei nostri militanti
di tale strumento a nostro modo di vedere non può a lungo termine che indurre a dare sempre maggior
peso alla ricompensa dei like, dei commenti e delle condivisioni. Detto in altri termini: i social
network, da noi inizialmente concepiti come un canale neutro di comunicazione, con le loro regole
del gioco finiscono per influenzare prima la forma e in definitiva anche i contenuti di ciò che
pubblichiamo, all’insegna di quel marketing che tanto deploriamo quando applicato alla politica.
Non neghiamo l’utilità di Facebook quale strumento di diffusione delle nostre idee, avendo esso il
vantaggio di raggiungere a costo zero una gran numero di cittadini. Allo stesso tempo, però, ne
critichiamo l’uso eccessivo e perverso, in particolare quando lo stile dei contenuti tende a diventare
marketing politico e ancora di più quando questi contenuti sono pubblicati attraverso le pagine
personali degli iscritti. Proponiamo di conseguenza un uso più sorvegliato di Facebook, con contenuti
e stile di scrittura propri della nostra cultura politica e rendendo chiaro al lettore se e quando ciò che
si scrive non è a titolo personale ma in rappresentanza del partito.
Al fine di rimediare alla situazione di fatto sopra descritta proponiamo le modifiche dello statuto in
epigrafe.
Per rendere questo discorso valido non solo per i dirigenti nazionali ma anche per i militanti locali si
propone l’istituzione di canali ufficiali di comunicazione su base regionale e provinciale. Data la
storia del partito, che da sempre ha evitato di disciplinare in modo stringente l’attività dei gruppi
locali, proponiamo di istituire come canali ufficiali non dei siti web ma delle pagine Facebook,
essendo queste un canale di comunicazione collaudato e di facile gestione anche per i gruppi locali
con meno risorse. Consapevoli che una tale innovazione necessiti di un lavoro di coordinamento che
va molto oltre le nostre forze di noi firmatari della presente proposta di emendamento dello statuto
riserviamo al Comitato Direttivo la competenza a redigere una sorta di linee guida per garantire un
minimo di uniformità delle pagine locali.
Quanto da noi proposto è poco compatibile con la situazione attuale in cui Facebook è lo strumento
quasi esclusivo di diffusione delle nostre idee. Come già detto, tale strumento non è neutro rispetto ai
contenuti e poco si adatta alla nostra cultura politica. Occorre affiancare a Facebook altri strumenti.
Uno di questi potrebbe essere la ripresa delle rubriche di Appello al Popolo recentemente cadute in
disuso (e ciò probabilmente comporterebbe il rafforzamento dell’attuale redazione), mentre un altro
potrebbe essere una rivista cartacea in spedizione postale, a cadenza bimestrale.
La cadenza bimestrale segnerebbe una giusta via di mezzo tra i documenti ufficiali approvati
dall’assemblea, destinati a valere alcuni anni e gli articoli della rivista online Appello al Popolo,
spesso con valenza di pochi giorni.
Proponiamo il formato cartaceo consapevoli dei maggiori costi e dei maggiori oneri di gestione che
comporta la carta rispetto al digitale. Tuttavia la carta conferisce autorevolezza ai contenuti di
approfondimento e di confronto interno al partito e, soprattutto, stimola la concentrazione del lettore.
Una parte dei contenuti della rivista potrebbero poi essere pubblicati attraverso i nostri canali digitali.
Le riflessioni e il confronto interno di idee sarebbero così la necessaria premessa per l’elaborazione
di documenti ufficiali da presentare all’assemblea nazionale. L’apertura a contributi esterni al partito
potrebbe essere un’occasione per creare nuovi contatti.
La rivista potrebbe essere spedita a tutti gli iscritti. Il rimborso dei costi della stampa e della
spedizione (circa 10-15 € all’anno per ciascun iscritto) potrebbe essere richiesto agli iscritti in fase di
rinnovo della tessera d’adesione annuale.
Esiste già un recente tentativo da parte di un partito politico di creare una rivista cartacea.
Rifondazione Comunista ha creato, a partire dall’estate scorsa, la rivista Su la Testa, che pubblica con
cadenza bimensile caricandola sul sito proprio web in formato pdf, in previsione della stampa su
carta. Potrebbe essere questa, ossia la produzione in formato pdf, una soluzione di compromesso
rispetto alla spedizione della rivista cartacea o una soluzione provvisoria in una prima fase di
decollo/consolidamento della rivista stessa.
Un’ultima proposta, anzi un’esortazione, ci spinge a sottolineare l’importanza della diffusione delle
nostre idee attraverso i rapporti di parentela di amicizia e di colleganza, un’importanza resa ancora
più grande dal processo di digitalizzazione forzata dei rapporti sociali in corso.
La nostra cultura politica non è quella dei venditori di fumo, dei cacciatori di consenso immediato.
Più che attraverso i media, siano essi di massa o di nicchia, la diffusione delle nostre idee deve
avvenire innanzitutto attraverso il nostro comportamento. Chi ci conosce dovrebbe dare credito alle
nostre idee per l’esempio che diamo come uomini e donne dotati di coerenza, oltre che per il valore
intrinseco dei concetti da noi espressi.
Se ogni iscritto ogni anno riuscisse a far iscrivere un amico o un parente, entro pochi anni avremmo
decine di migliaia di associati. Chi scrive è cosciente della difficoltà a convincere mogli, figli,
genitori, amici, e colleghi di lavoro. Tuttavia tale forma di proselitismo, da attuarsi tramite attrazione
piuttosto che tramite pubbliche relazioni, dovrebbe essere in questa fase la forma principale, quella a
cui dedicare i nostri migliori sforzi.
Un associato amico o conoscente di un altro associato sarà più propenso al dialogo e al compromesso
con gli altri iscritti, limitando gli effetti funesti del personalismo, vero grande ostacolo di ogni azione
collettiva. L’altro vantaggio di questa forma di proselitismo è che in questo modo a livello locale
tenderanno a formarsi dei gruppi di persone unite da una qualche forma di affinità: in questo modo
sarà più facile che un gruppo di persone così formato sia motivato ad esprimersi su temi locali: un
gruppo di amici dello stesso paese si interesseranno della vita politica del proprio paese; un gruppo
di colleghi di lavoro sindacalisti della stessa provincia si interesseranno delle politiche attive e passive
del lavoro a livello locale; ecc.
Si potrebbe proseguire con l’elenco dei vantaggi di questo tipo di proselitismo ma preferiamo insistere
su un punto: in un mondo dominato dalla cultura liberale, piuttosto che spendere tutte le nostre energie
per avvicinare i consumatori di intrattenimento politico isolati nelle loro stanze domestiche mentre
consumano contenuti (apparentemente) gratuiti sul web è meglio privilegiare il contatto con le stesse
persone ma nella veste di parenti, amici, colleghi. Il primo contatto ha un’importanza simile al primo
incontro di due innamorati: è un evento breve che però condiziona la relazione futura. Lo stesso si
può dire per i nostri futuri associati: incontrandoli per la prima volta come cittadini e non come
consumatori seriali la relazione sarà mediamente più proficua.
Infine, ma rimanendo sempre sulla stessa lunghezza d’onda, riteniamo altresì proficua la volontà di
uscire, affinché il partito acquisisca un sempre migliore radicamento territoriale, dalla bolla virtuale
di internet tramite l’organizzazione di sempre più numerose azioni concrete, come volantinaggi o
simili. Ciò potrebbe rendere la presenza dei nostri militanti vieppiù “abituale” anche ai comuni
cittadini, con conseguenti vantaggi al momento, p.es., della raccolta delle firme per la presentazione
delle nostre liste alle varie competizioni elettorali.
ADESIONI:
Leonardo Zocca FSI VENETO
Enrico Bonfatti FSI VENETO
Giovanni Turra FSI VENETO
Hervé Baron FSI VENETO
Ivan Bianco FSI VENETO
Angelo Vella FSI VENETO
Ivano Cordioli FSI VENETO
Giuliano Fasoli FSI VENETO
Roberto Giuffré FSI VENETO
Davide Strazzer FSI VENETO
Bruno Turri FSI VENETO
Stefano Bacchi FSI MANTOVA
Vincenzo Gaglioti FSI FRIULI VENEZIA GIULIA
Lorenzo Gobbo FSI FRIULI VENEZIA GIULIA
Maurizio Lugnan FSI FRIULI VENEZIA GIULIA
Andrea Cremonini FSI FRIULI VENEZIA GIULIA
PROPOSTA DI MODIFICA DELL’ART. 9 DELLO STATUTO
L’art. 9, comma 1b così come definito nella proposta avanzata dal Direttivo viene modificato come segue:
b) Autodefinizione: Riconquistare l’Italia si definisce e gli iscritti la definiscono come forza politica democratica, neosocialista, antiunionista e patriottica.
Nell’Atto Costitutivo andranno altresì sostituiti i termini:
– a pagina 1, paragrafo 2 “neoliberali ed europeiste” con “neoliberali ed unioniste”
– a pagina 3, paragrafo 9 “partito unico neoliberale europeista” con “partito unico neoliberale unionista”.
RELAZIONE ILLUSTRATIVA
Fermo restando che concordiamo tutti sul fatto che « noi crediamo che l’Unione Europea riduca di per sé la democrazia italiana e faccia dell’Italia una Repubblica semi-democratica; che l’Unione Europea impon[ga] di fatto, con la superiorità dei trattati sulla nostra Costituzione economica, il neoliberalismo » (per citare alcuni passi del documento della Direzione Nazionale), non capiamo perché dovremmo auto-qualificarci, genericamente, come antieuropeisti. Se il problema è, come di fatto è, l’Unione Europea, perché non auto-qualificarci, più specificamente e più precisamente, quali “antiunionisti”?
In effetti a cosa rimanda il termine “europeismo”? Secondo la Treccani, che individua le origini del pensiero europeista addirittura in Dante Alighieri esso è “un Movimento politico e di idee che, sulla base delle fondamentali affinità culturali e storiche che legano tra loro i popoli d’Europa, tende a promuovere un progressivo avvicinamento tra i vari Stati nazionali europei, fino alla costruzione di un’Europa spiritualmente e politicamente unita”. L’operazione culturale condotta dal secondo dopoguerra in poi è stata fondamentalmente quella di sovrapporre biunivocamente l’afflato ideale alla fratellanza tra popoli vicini ma diversi al costrutto istituzionale edificato su ben altre e meno dicibili aspirazioni.
Inoltre, se si intende, come fa la cultura unionliberista imperante, l’“antieuropeismo” come il fatto di “essere contro gli altri popoli d’Europa”, allora risulta evidente che solo gli “unionisti” sono i veri “antieuropeisti”. Di certo non i (veri) sovranisti. Riflettiamo sulla seguente circostanza: la Grecia è stata ridotta allo stato attuale da unionisti e dunque antieuropeisti o da antiunionisti e dunque sovranisti?
Quindi, in definitiva: lungi dal rappresentare una mera “bega semantica”, anche auto-qualificarci come antiunionisti contribuirebbe, a nostro modo di vedere, a fare opera di chiarificazione politica. Nel nostro piccolo faremmo un’operazione di costruzione di un immaginario diverso da quello prevalente riguardante il conflitto tra unione europea e sovranità nazionali, che vede nella prima lo strumento per superare il provincialismo, le angustie, la xenofobia, il nazionalismo e le tendenze guerrafondaie attribuiti inevitabilmente alle seconde. La realtà si modifica anche rifiutando le categorizzazioni imposte dalla cultura dominante.
ADESIONI:
Enrico Bonfatti
Leonardo Zocca
Matteo Modulon
Stefano Tamiozzo
Riccardo Rinco
Bruno Turri
Lorenzo Sivieri
Angelo Vella
Ivano Cordioli
Danilo Geccherle
Ivan Bianco
Giovanni Turra
Cosimo Antonio Gervasi
Gerarda Monaco
Raffaele Rinaldi
Giovanna Coricciati
Leone Calza
Giuseppe Granata
Francesco Passarella
Davide Coraggio
Bruno Zerbo
Maurizio Ferrara
Alessandro Badii
Gianluca Organtini
Ric Ben
Enrico Giuranno
Francesco Gori
Davide Parascandolo
Emiliano Alfedi
Giancarlo Antonelli
PROPOSTA DI MODIFICA DELLA DICHIARAZIONE COSTITUTIVA E DEGLI ART. 1,2,3,4 DELLO STATUTO. SUL NOME DEL PARTITO.
MODIFICHE ALLA DICHIARAZIONE COSTITUTIVA (così come si presenta nella proposta del Direttivo):
Nel primo paragrafo sostituire la frase
“il Partito è pertanto pronto a dare avvio alla sua seconda fase, proiettata verso la partecipazione alle elezioni politiche del 2023 con l’intento di rivoluzionare la politica nazionale”
con la frase
“il Partito è pertanto pronto a dare avvio alla sua seconda fase con la partecipazione alle elezioni politiche del 2023, possibilmente in alleanza con altre forze afferenti al sovranismo costituzionale, con l’intento di rivoluzionare la politica nazionale”
Nel sesto paragrafo sostituire la dicitura
“i militanti del Partito riconfermano”
con la dicitura
“noi, Sovranisti Costituzionali riconfermiamo”
Sostituire il decimo paragrafo:
I militanti del Partito, pertanto, ritenendo ineludibile il ricambio totale dell’attuale ceto dirigente, rinnovano il proprio impegno per la costruzione di una vera alternativa politica al partito unico neoliberale europeista , che abbia come obiettivo imprescindibile il recesso dai Trattati europei e la riconquista della sovranità politica, economica, monetaria, culturale, sociale, diplomatica e militare dell’Italia, per edificare una Nazione sovrana improntata ai principi di libertà, indipendenza e giustizia sociale e, quindi, realizzare la piena attuazione della nostra originaria Costituzione.
Con quanto segue:
Noi sovranisti costituzionali, pertanto, ritenendo ineludibile il ricambio totale dell’attuale ceto dirigente, rinnoviamo il nostro impegno per la costruzione di una vera alternativa politica al partito unico neoliberale unionista, che abbia come obiettivo imprescindibile il recesso dai Trattati europei e la riconquista della sovranità politica, economica, monetaria, culturale, sociale, diplomatica e militare dell’Italia, per edificare una Nazione sovrana improntata ai principi di libertà, indipendenza e giustizia sociale e, quindi, realizzare la piena attuazione di quel compromesso socialdemocratico tra capitale e lavoro così ben delineato dalla nostra originaria Costituzione tacciata di essere ‘troppo socialista’ dal grande capitale internazionale.
Nell’undecimo paragrafo sostituire “la vita del Partito” con “la vita di SCS”.
MODIFICHE ALLO STATUTO:
L’art. 1 e tutti i seguenti articoli riportanti il nome “Riconquistare l’Italia” e l’acronimo “RI” vengono modificati sostituendo tali termini con “Sovranità Costituzione Socialdemocrazia” e “SCS”.
L’Art. 2, comma 1 è riformulato come segue:
1) Il simbolo di SCS, riprodotto di seguito, è un cerchio con contorno rosso in campo bianco, nel quale sono rappresentate in sequenza, a caratteri maiuscoli di colore verde, la lettera “S”, la lettera “C” e la lettera “S”, seguite da una stella di colore rosso la cui parte sinistra è incompleta e tagliata da una parentesi tonda chiusa, sempre di colore rosso. Alla base delle 3 lettere e del simbolo è inserita la scritta di colore grigio “Sovranità Costituzione Socialdemocrazia”. I colori utilizzati sono quelli del Tricolore italiano e la stella richiama l’emblema della Repubblica.
(Il simbolo del Partito, così come descritto dal comma novellato, è rinvenibile al seguente link: https://www.dropbox.com/s/k5kctlpep16adr4/SCS.png?dl=0)
L’Art. 2, comma 2 è riformulato come segue:
2) Il simbolo e le denominazioni “Sovranità Costituzione Socialdemocrazia” e “SCS” appartengono all’Associazione e non possono essere utilizzati da terzi, né dai soci al di fuori delle attività, modalità e finalità statutarie, senza il consenso del Comitato Direttivo. Appartengono altresì all’associazione anche le precedenti denominazioni “Fronte Sovranista Italiano”, “Riconquistare l’Italia” e i relativi acronimi “FSI” e “RI” con i corrispondenti simboli identici nei colori e nella stella a quello di “SCS” e diversi soltanto per la scritta del nome e dell’acronimo. Il nuovo nome e il nuovo simbolo verranno inseriti nei documenti ufficiali, dai soci, sotto la direzione del Segretario del Partito. Accanto al nuovo simbolo andrà inserito temporaneamente e fino a che si reputerà necessario il simbolo di “Riconquistare l’Italia”.
Art. 3 Comma 1): sostituire https://www.frontesovranista.it con http://www.scs.it
È ripristinato l’art. 4, comma 1 riformulato come segue:
SCS, in continuità con il “Fronte Sovranista Italiano” (di seguito semplicemente FSI) del quale costituisce promanazione, si pone come soggetto politico sovranista. “Sovranismo” e “Sovranista”, neologismi introdotti nel dibattito pubblico italiano dai fondatori del Partito, designano l’istanza di riconquista della sovranità da parte del Popolo e dello Stato italiani, per ricollocare, anche di fatto, la Costituzione repubblicana del 1948 al vertice dell’ordinamento, affinché torni ad essere il faro luminoso che guidi il Popolo italiano nella disciplina dei rapporti economici e nel perseguimento di una effettiva giustizia sociale.
RELAZIONE ILLUSTRATIVA
SULLA MODIFICA DEL NOME DEL PARTITO.
Noi, associati del Fronte Sovranista Italiano, in vista del prossimo congresso con questo documento vorremmo cercare di contribuire al dibattito sulla questione del nome del Partito e dell’uso dei termini: sovranista, antieuropeista, ecc.
È stata segnalata dal Comitato Direttivo la necessità di rinunciare a qualsiasi riferimento al concetto di sovranismo in quanto esso, a causa dell’uso distorto fattone dal circuito mediatico, viene ormai irrevocabilmente associato a posizioni salviniane e/o meloniane, quando non di estrema destra extraparlamentare.
Oltre a sottolineare che le parole stesse “sovranismo”, “sovranista” (e derivati vari), pur essendo presenti da anni nel lessico politico di altri Paesi (vd p.es. la Francia), sono state introdotte nel dibattito italiano dai fondatori stessi del nostro Partito, è nostra intenzione fare, a riguardo, delle considerazioni politiche e non emotive. Perciò, una piccola “deviazione” analitica ci appare necessaria.
LA QUESTIONE DELL’IMMAGINARIO SOCIALE
L´immaginario è la modalità specifica con cui una società produce e riproduce la rappresentazione di se stessa e fonda in tale rappresentazione la sua identità. L’immaginario si struttura dunque come un campo di significati che consente a una società di riconoscersi nell’immagine del mondo che essa stessa ha elaborato.
Innanzitutto, è importante capire che non esiste un ambito esclusivo e specifico in cui l’immaginario si manifesta: esso è un campo problematico. Tuttavia, l’inserimento dell’immaginario nella nostra analisi della realtà sociale aiuta la comprensione dell’insieme.
Se concepiamo l’immaginario come l’elemento che determina la sfera culturale e delle idee dominanti, vista non come una semplice sovrastruttura che dipende da altro ma come parte della struttura sociale e storica, esso diventa, al pari della sfera economica e materiale, uno degli elementi costitutivi della realtà sociale. Si hanno così 2 (DUE) variabili indipendenti che sono, appunto, il “lato materiale” e il “lato immaginario” della realtà. È solo la loro forza relativa a determinare quale sarà la variabile capace di trainare l’eventuale cambiamento sociale.
HOUSTON, ABBIAMO UN PROBLEMA!
Ovvero: il lato immaginario e il circuito mediatico – Se quanto precede ha il minimo senso, risulta evidente che ci troviamo di fronte a un (non piccolo) problema. Infatti, consideriamo l’attuale funzionamento del circuito mediatico (di cui tutti i soci, ma soprattutto quelli che si sono già candidati, hanno potuto fare esperienza); a ciò aggiungendo la distruzione sistematica, da 30-40 anni a questa parte, dell’istruzione pubblica di ogni ordine e grado e la risultante trasformazione del cittadino in consumatore; considerando, infine, le conseguenze dei prolungati confinamenti (più o meno dichiarati) a cui la popolazione è sottoposta da un anno a questa parte, con la “digitalizzazione forzata” dei rapporti sociali che ad essi si accompagna; ne consegue che oggi stiamo fronteggiando la seguente difficoltà: persino la “realtà là fuori” (ovvero il “lato materiale” dello schema qui sopra proposto) tende a diventare non solo virtuale ma, cosa più pericolosa, mediaticamente costruita.
Per chiarire il punto basteranno pochi esempi: durante il confinamento della cosiddetta “prima ondata” pandemica si sono avute, in Germania, grandi manifestazioni di protesta dalla varia composizione politica, spesso apartitiche o addirittura con una forte componente di “sinistrati” come le numerosissime bandiere arcobaleno dimostravano ad occhio nudo. Ebbene, come sono state “vendute” tali proteste al pubblico italiano? Come la marcia dei no-vax, dei negazionisti del virus, financo dei neonazisti e la maggior parte della popolazione ha creduto a quanto affermato dal circuito mediatico, nonostante fosse evidente che si trattava di fanfaluche.
Del resto, il nostro Partito ha avuto un’esperienza diretta di tale tipo di “trattamento” alla Marcia della Liberazione di Roma.
E che dire della politica dei due pesi e due misure riservata ai movimenti di protesta potenzialmente in grado di rovesciare l’ordine costituito in diverse parti del mondo? Le persone che nel 2014, armi alla mano, scacciarono dal parlamento di Kiev dei rappresentanti legittimamente eletti vennero trattate da “sinceri rivoluzionari”, quelle che qualche settimana fa tentarono maldestramente di replicare la stessa operazione con il parlamento USA sono stati dipinti – nel migliore dei casi – come pittoreschi casi psichiatrici.
Giunti a questo punto del nostro ragionamento, riteniamo di poter cominciare a tirare qualche conclusione, revocando in dubbio l’opportunità di un cambio di nome che lasci cadere ogni riferimento al concetto di sovranismo.
Infatti, se quanto precede cattura la situazione attuale, cosa ci garantisce che un cambio di nome ci metta al riparo da ulteriori manipolazioni mediatiche? Assolutamente nulla. Se si decidesse per “Riconquistare l’Italia” i media potrebbero, per esempio, insinuare il sospetto che si tratti di una conquista militare. Naturalmente, questo nostro esempio è volutamente iperbolico, a sottolineare, una volta di più, lo strapotere, in termini di costruzione della (percezione della) realtà, che il circuito mediatico possiede in questa fase storica. Probabilmente la fase più ideologica e “incantata” dell’intero sviluppo umano.
Vale la pena di obliterare qualsiasi riferimento ad un concetto che noi abbiamo portato nell’agone politico italiano? Vale la pena di perseguire l’“immediatismo politico”, rinunciando alla funzione pedagogica del Partito (funzione su cui lo stesso Direttivo Nazionale si è sempre dichiarato concorde e che anzi, nella persona del Presidente, ha più volte sponsorizzato)? Vale la pena rischiare di mettere in moto un circolo vizioso attraverso il quale, da un lato, i media potrebbero continuare a distorcere ogni nostra auto-qualificazione e, di conseguenza, dall’altro noi potremmo essere, al limite, spinti ad una continua ri-definizione? E tale circolo vizioso, qualora si materializzasse, non finirebbe per essere una porta da cui potrebbe entrare il vero nemico di ogni progetto politico che voglia essere serio, ossia l’opportunismo politico?
Infatti se, da un lato, è vero che “Riconquistare l’Italia” è un nome già in uso, dall’altro è altrettanto vero che sinora esso si è sempre accompagnato al nome Fronte Sovranista Italiano, che forniva tutte le necessarie qualificazioni. Invero esso andrà ancora provvisoriamente utilizzato, accanto al nuovo nome, se la proposta che qui si esprime verrà accolta. Preso da solo, invece, esso è un nome talmente generico da risultare un contenitore vuoto (è qui che, probabilmente, la nostra divergenza con la proposta del Comitato Direttivo risulta massima) il cui contenuto può essere modificato a piacimento in base ai desiderata del gruppo dirigente di turno: a scanso di equivoci preme qui sottolineare che questo non è assolutamente il caso dell’attuale Direttivo, ma i Direttivi cambiano e il nome del partito resta.
Noi, per tutti i motivi sin qui esposti, riteniamo che il percorso da intraprendere dovrebbe essere molto diverso. Ciò non significa rimanere emotivamente legati all’attuale nome del Partito (Fronte Sovranista Italiano) né essere contrari, per principio, a qualsiasi cambiamento. Semplicemente, riteniamo che gli eventuali cambiamenti debbano essere, da un lato, in continuità con quanto da noi sin qui espresso (come, appunto, il concetto di sovranismo, il quale dunque non va abbandonato ma, semmai, ulteriormente qualificato) e, dall’altro, coerenti col nostro progetto politico.
Sul nome del Partito – Avendo il Partito deciso di puntare chiaramente su di un’identità neosocialista noi proponiamo come nome: Sovranità Costituzione Socialdemocrazia (SCS). Il perché del riferimento alla sovranità costituzionale dovrebbe essere, a questo punto, chiaro: si tratta solo di una specificazione della nostra cultura politica. Crediamo, invece, che meriti una ulteriore spiegazione la scelta di qualificare il Partito come “socialdemocratico”.
A chiunque abbia presente i nostri documenti programmatici, nonché i primi due commi dell’art. 42 della Costituzione (« La proprietà è pubblica o privata. […] La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. […] »), non potrà che apparire evidente come noi non siamo un Partito che si prefigga di uscire dal capitalismo, quanto piuttosto un Partito che, volendo ri-mettere la Costituzione in cima al nostro ordinamento e volendo lottare per applicarla (soprattutto nella sua parte economica), ritiene che anche il Capitale debba sottostare alle decisioni politiche prese in maniera democratica. Ossia: un Partito classicamente socialdemocratico.
SUL COME PRESENTARCI
Comprendiamo benissimo, avendole spesso vissute in prima persona, le difficoltà che spingono il direttivo e gran parte dei militanti a cercare una denominazione meno caratterizzante che non allontani da noi persone che potrebbero sicuramente condividere i contenuti programmatici del nostro partito. Vero è però che fino ad oggi le indicazioni del direttivo hanno con lungimiranza sottolineato l’importanza della priorità del reclutamento rispetto al coinvolgimento diretto in realtà che se contattate da posizioni di insufficiente coesione interna e caratterizzazione identitaria del Partito avrebbero potuto fagocitare le energie dei militanti distogliendole dal principale obiettivo di dare una base intellettualmente ed operativamente solida alla nostra attività politica. Se questa strategia ha pagato nel lungo periodo sotto il profilo della formazione di un’intelligenza collettiva nella quale noi militanti ci riconosciamo, dall’altra ha permesso alla cultura liberal-unionista che colonizza media e istituzioni di definire incontrastata l’immaginario associato al concetto di sovranismo.
Oggi abbiamo una capacità, seppur ancora limitata, di dare il nostro contributo concreto a nome del Partito ad attività culturali, associative, sindacali, di categoria, senza farci fagocitare e questo è sicuramente il mezzo migliore per andare oltre le operazioni di sciacallaggio dei “sovranari” parlamentari ed extraparlamentari e le abominevoli etichette appioppateci da una stampa liberale che assomiglia sempre più ad un Istituto Luce in versione aggiornata. Tali operazioni saranno sempre ampiamente possibili indipendentemente dal nome che sceglieremo; il solo vero antidoto ad esse è presentarci al mondo con il nostro fare, in linea con lo spirito pedagogico che ha fin qui ispirato l’azione politica di FSI. L’unica arma in nostro possesso per combattere l’immaginario creato dai media è quello di farlo scontrare con la realtà materiale dei fatti che, notoriamente, hanno la testa dura. Tra l’altro, le scorciatoie del cambio di nome e/o della scelta di un nome che risulti un “contenitore vuoto” sono già state sperimentate da altre forze politiche con i risultati che sappiamo (anche grazie al loro prestare il fianco al fenomeno dell’opportunismo politico).
In conclusione: a) identificandoci come socialdemocratici già dal nome faremmo un’opera di chiarificazione politica; b) mantenendo il riferimento al sovranismo, seppure ulteriormente qualificato, eviteremmo di aprire la porta all’“immediatismo politico” (ed eventualmente, cosa molto più grave, all’opportunismo politico); c) infine, qualificando il nostro sovranismo come costituzionale non potremmo più essere confusi, da chiunque si approcci a noi in modo intellettualmente onesto, con la melma salviniano/meloniana.
Enrico Bonfatti
Leonardo Zocca
Matteo Modulon
Stefano Tamiozzo
Lorenzo Sivieri
Bruno Turri
Luca Rapp
Kicco Gabriele Lago
Raffaele Rinaldi
Daniel Bonacci
Alberto Terra
Gerarda Monaco
Jacopo Rossetti
Giovanni Turra
Mirko Melis
Tullio Loffredo
Roberto Girasoli
Peter Camaenzind
Carlo Cavaliere
Enrico Giuranno
D’accordissimo sul non usare dizioni che rimandino a una collocazione di tipo “geografico” (centro, sinistra, destra, ecc.), però la dicitura “Sinistra Sovranista” o “Sinistra per l’Italia Sovrana” avrebbe aiutato non poco a mettere dei paletti con (e a contrapporsi a) i partiti di Salvini e Meloni. Una soluzione potrebbe essere usare la parola “socialista” invece di “sinistra”, ossia “Socialisti per l’Italia Sovrana”, sempre che a qualcuno dalla buona memoria non prenda l’urticaria.
L’uso della frase “La Sovranità appartiene al Popolo”, poi, mi pare ineludibile.
PARERE DEL COMITATO DIRETTIVO SULL’EMENDAMENTO “PROPOSTA DI MODIFICA DELL’ART. 9 DELLO STATUTO”, proponenti soci BONFATTI-ZOCCA-MODULON, pubblicato il 19 marzo 2021 sul sito ufficiale del partito.
Il Comitato Direttivo esprime parere negativo sull’emendamento, con cui si propone sostanzialmente la sostituzione del termine ‘antieuropeista’ con il termine ‘antiunionista’.
La proposta, secondo il Direttivo, va rigettata per almeno 3 ordini di motivi:
1) Pratico.
Difetta di immediatezza.
‘Antiunionista’, in generale, è un termine poco usato nel linguaggio comune ed è riconducibile a precisi accadimenti storici, distanti dal contesto attuale, come la guerra di secessione degli Stati Uniti d’America, mentre, nel senso specifico di opposizione all’Unione Europea prospettato dall’emendamento, è del tutto assente sia nel linguaggio comune che in quello politico. Il termine ‘antiunionista’ richiederebbe quindi che il partito si mettesse al suo servizio – anziché il contrario – per farlo conoscere e diffonderlo, senza però portare alcun vantaggio concreto né nel breve né nel medio termine. Inoltre cacofonico e difficile da usare, non sarebbe d’aiuto per i militanti nei volantinaggi, nelle discussioni con simpatizzanti o nelle interviste, richiedendo una serie ampia di spiegazioni e precisazioni non sempre possibili nel contesto dato. Definirsi ‘antiunionisti’ non rappresenterebbe quindi un progresso né rispetto al definirsi ‘sovranisti’ – in quanto, invece di esporre solo le ragioni per cui il partito è antieuropeista, bisognerebbe prima spiegare che cosa si intende con il termine antiunionista, in quale senso lo si intende e perché si è scelto quel termine in luogo di altri – né porterebbe più vantaggi rispetto al definirsi ‘antieuropeisti’; un termine semplice e noto che individua con precisione ed immediatezza il campo politico in cui effettivamente si colloca (solo) il nostro partito. Europeismo è infatti un termine oramai generalmente accettato, anche nel linguaggio istituzionale, nella sua identificazione con l’Unione Europea.
2) Politico.
Evoca un vago euroscetticismo, che caratterizza pressoché tutti i partiti attualmente presenti in Parlamento, molto simile all’altroeuropeismo che è comunque una declinazione dell’europeismo. Dunque l’antiunionismo non differenzia il nostro partito da tutti quelli vagamente altroeruopeisti. L’antiunionismo come critica all’Unione Europea ma non all’europeismo ammette la possibilità ed anzi, coerentemente, richiede una organizzazione degli Stati Europei diversa da quella attuale, non il superamento dell’idea della necessità di un’organizzazione permanente sovrastatuale, nemmeno prevista dalla Costituzione del ‘48. L’antiunionismo è compatibile con una Europa Federale, non la esclude, perché non esclude l’idea alla sua base e cioè l’europeismo inteso come necessità del superamento degli Stati nazionali. L’antiunionismo è compatibile con l’attribuzione di maggiori poteri al Parlamento Europeo, con chi vorrebbe una fantomatica Europa dei Popoli, con l’esistenza di una Banca Centrale Europea, di una Corte di Giustizia europea che può ordinare di disapplicare leggi nazionali, è compatibile con l’idea che le norme europee siano preordinate a quelle nazionali, anche costituzionali.
La politica che noi combattiamo è la politica europeista, così si definisce, non la politica unionista. L’ideologia che noi combattiamo, l’insieme di frasi paralogiche, di diversa matrice, che sostengono la volontà di andare avanti nella costruzione dell’Europa politica, è l’europeismo non l’unionismo. I nostri avversari politici si autodefiniscono europeisti, non unionisti. Noi siamo antieuropeisti che combattono le politiche europeiste i politici europeisti e l’ideologia europoeista. Definirci antiunionisti significherebbe o lascerebbe credere a molti che noi siamo europeisti ma antiunionisti e che combattiamo soltanto quella parte dei politici europeisti, delle politiche europeiste e dell’ideologia dell’europeismo che sostengono questa unione europea e ostacolano una idea migliore, o addirittura altamente positiva, di organizzatore europea. Ma così non è. Noi non siamo questo. Siamo tutt’altro.
3) Incoerenza con lo Statuto.
L’antiunionismo non è coerente con gli obiettivi del partito, non evoca alcun bisogno di recupero della sovranità politica, economica, monetaria, alimentare, avvicinandosi alle sterili critiche del burocratismo degli apparati europei. Non dice nulla sulla necessità di Riconquistare l’Italia, la sua Costituzione, la sua indipendenza che sono invece ricompresi nell’antieuropeismo.
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In conclusione, il termine antiunionista non solo non avvantaggia ma svantaggia sicuramente il partito e pertanto si propone di non accogliere l’emendamento.
PARERE DEL COMITATO DIRETTIVO SULL’EMENDAMENTO “PROPOSTA DI MODIFICA DELLA DICHIARAZIONE COSTITUTIVA E DEGLI ART. 1, 2, 3, 4 DELLO STATUTO SUL NOME DEL PARTITO”, proponenti soci BONFATTI-ZOCCA-MODULON, pubblicato il 20 marzo 2021 sul sito ufficiale del partito.
Il Comitato Direttivo esprime parere negativo sull’emendamento, che ha ad oggetto in particolare la proposta di modifica del nome e quindi del simbolo, nonché altre modifiche che possono essere considerate dei corollari.
I proponenti, che concordano con il Comitato Direttivo che si debba abbandonare il vecchio nome, non avendo essi proposto di mantenerlo, ritengono che il nuovo nome del partito debba essere “Sovranità, Costituzione, Socialdemocrazia” e l’acronimo da inserire nel simbolo SCS (che crediamo si dovrebbe pronunciare come Esseciesse e non come Scs).
Nessuno avendo sollevato obiezioni alla proposta del Comitato Direttivo di passare da FSI a RI, le due alternative sono dunque ormai irrevocabilmente fissate: o ci chiameremo “Riconquistare l’Italia” o “Sovranità, Costituzione, Socialdemocrazia”.
Le nostre obiezioni.
1) “Sovranità, Costituzione, Socialdemocrazia” non è un nome.
La prima obiezione è che quello proposto non è un nome di un partito. Guardiamo alla storia d’Italia, quella risalente e quella più recente, e guardiamo alle esperienze straniere recenti.
Ovunque volgiamo la mente e lo sguardo ci accorgiamo che i nomi dei partiti sono costituiti da una sola parola. Ad essa si affianca talvolta l’aggettivo italiano o il termine Italia e il sostantivo partito o movimento o lega, se la parola che costituisce il nome è un aggettivo.
Partito Comunista Italiano. La parola è una, comunista. Partito Socialista Italiano. Partito Socialdemocratico Italiano, Partito Repubblicano Italiano, Partito Liberale Italiano. Partito dei Verdi, Partito Radicale. L’unica eccezione fu la Democrazia Cristiana, che prima era Partito Popolare (dunque ancora una volta una parola) e che, dovendo combattere con forze che si temevano o pensavano antidemocratiche (le forze socialiste e comuniste) volle far emergere il termine democrazia, in un tempo in cui il recente passato non era stato democratico e il futuro non si era certi che sarebbe stato tale, ovviamente nella mente dei fondatori del partito.
Più di recente abbiamo avuto Forza Italia, Italia Viva, Partito Democratico, Movimento Cinque Stelle, e Azione (di Calenda) dove, essendo puri slogan, addirittura manca la parola significativa (oggi democratico non ha il senso che poteva avere nel nome della Democrazia Cristiana e azione non ha il significato che aveva al tempo del Partito d’Azione). Ma se guardiamo alle esperienze straniere ancora troviamo o nomi senza parole significative (Podemos) o nomi con una parola significativa (Russia Unita e Patria in Russia e Partito dell’Indipendenza della Gran Bretagna in Inghilterra).
Il nome di un partito, come di una persona è dunque una parola o, in tempi post moderni, zero parole significative.
Sovranità, Costituzione, Socialdemocrazia (che è una parola composta), sono tre o quattro parole. È una somma, ossia la scelta di non scegliere una parola di sintesi o prevalente. Il nome implica la scelta di una parola, che sia evocativa, che susciti curiosità, che sia sintesi o che sia il valore prevalente. I promotori dell’emendamento non hanno fatto alcuna scelta e hanno proposto come nome un non nome.
2) È un non nome indigesto e forse anche brutto.
Tra l’altro il non nome sarebbe indigesto ma perfino brutto.
Io sono un militante del Partito Democratico, tu sei un militante della Lega Nord ed egli è un militante di Sovranità, Costituzione e Socialdemocrazia. Soltanto SEL era simile, Sinistra Ecologia e Libertà. Ma Sel infatti non era un nuovo partito, non nasceva da una idea. Nasceva per scissione acquisto e fusione di gruppi dirigenti locali e nazionali. Un brutto precedente.
3) È un acronimo cacofonico.
Ancor più brutta è la pronuncia dell’acronimo. Escludendo che vada pronunciato senza vocali (Scs), esso si pronuncia Esseciesse. Sono un militante di RI diremmo, se ci chiameremo Riconquistare l’Italia. Invece, nell’altro caso diremmo: sono un militante di Esseciesse. Ci sembra fastidioso, quasi richiami l’idea di un supermercato.
4) Riconquistare l’Italia è breve, bello e l’acronimo suona bene.
Riconquistare l’Italia ha una sola parola significativa, Riconquistare, che nessuno ci potrà scippare.
Svolge la funzione di incuriosire e di spingere l’interlocutore a farci domande, anziché a giudicarci. Ci chiederanno: perché riconquistare e non ricostruire? E risponderemo: perché l’Italia va riconquistata, non semplicemente ricostruita. E allora ci chiederanno: in che senso va riconquistata? E risponderemo con frasi ad effetto, ben studiate che indicano i nostri valori e le nostre analisi. Stiamo parlando del nome di un partito nuovo, che è un biglietto da visita. Non della lista dei valori che ci ispirano. Riconquistare l’Italia è il nome di un partito, Sovranità Costituzione Socialdemocrazia è la lista dei valori che ci ispirano (tra l’altro con riferimento equivoco al socialismo, anziché al neosocialismo).
Riconquistare l’Italia è un nome bello. Nessuno, durante le sei elezioni regionali nelle quali ci siamo candidati ha mai detto che è un nome brutto.
Infine la pronuncia dell’acronimo non è cacofonica: “sono un militante di RI” è cosa diversa da “sono un militante di “Esseciesse”.
In definitiva, se consideriamo che stiamo parlando del nome del partito, tutti gli argomenti, ma proprio tutti, militano nettamente a favore di Riconquistare l’Italia e nessuno a favore di Sovranità, Costituzione, Socialdemocrazia.
Capiamo le spinte emotive che hanno indotto i proponenti a credere che elencare i valori sia meglio che scegliere un nome. Ma noi dobbiamo scegliere un nome. Non dobbiamo scegliere un non nome che evochi parole che ci piacciono. Non dobbiamo fare il nostro interesse ma l’interesse del partito e scegliere un nome che non allontana nessuno, non crea diffidenza in nessuno, che incuriosisce tutti, che sia corto, come tutti i nomi, e che suoni bene, sia nella lettura integrale che nella pronuncia dell’acronimo.
5) Sulle altre modifiche.
L’emendamento unico va dunque respinto e cadono con la proposta del nuovo nome del nuovo acronimo e del nuovo simbolo anche le altre modifiche che coerentemente i promotori dell’emendamento avevano proposto come corollari.
Perdonate la franchezza, ma le motivazioni mi sembrano lambiccate, nonché fragili.
Inoltre “Riconquistare l’Italia” di primo acchito lascia un po’ spiazzati: il significato, nonché le finalità del Partito, risultano tutt’altro che ovvi. Tutto il contrario dei menzionati “partito comunista” e “democrazia cristiana”, che pure si avvalevano di un uso di simboli ben poderosi. Riflettiamoci bene…
Tra l’altro l’acronimo RI porta immediatamente a pensare alla provincia di Rieti…
EMENDAMENTO SULL’AUTODEFINIZIONE
Si propone di inserire all’art. 9, punto 1), lettera b), dopo la parola “democratica” e prima di “neosocialista”, la parola “popolare”.
Le ragioni dell’emendamento sono essenzialmente due:
1) Riconoscere che il partito punta alla formazione di una classe dirigente di estrazione popolare e al popolo si rivolge quando cerca militanti e consensi.
2) L’inserimento nell’autodefinizione rende evidente da subito che ci opponiamo alla qualifica di “populista”, termine che indica quei movimenti che puntano alla disintermediazione partitica.
SOTTOSCRITTORI DELL’EMENDAMENTO
Federico Musso
Nino Di Cicco
Stefano Bacchi
Claudio Orsini
Riccardo Benisio
Bernardo Delle Chaie
Tommaso Stefani
Agnese Ciccone
Andrea Cremonini
Matteo Modulon
Luca Mirabilio
Andrea Scano
Luca Paciotti
Pasquale Merlino
Luca Paciotti
Fiorella Fogli
Marco Di Croce
Giovanna Coricciati
Matteo Di Sabatino
Francesco Giuseppe Scrascia
Andrea Mecchia
Giancarlo Antonelli
Jacopo D’Alessio
Matteo Natalini
Cosmo Cutone
Riccardo Rinco
Peter Camaenzind
Mauro Esposito
Edoardo Sessolo
Daniela Talarico
Alessandro Ape
Marco Maiella
Alessandra Contigiani
Gilberto Trombetta
Maurizio Ferrara
Danilo Geccherle
Gerarda Monaco
Massimo Marsala
Salvatore Scrascia
Maria Pia Cristiano
Guido Carlomagno
Tonio Di Donfrancesco
Maurizio Deidda
Michele Durante
Damiano Leonardi
Claudia Vergella
Orazio Fiderio
Andrea Moretti
Francesco Passarella
Andrea D’Agosto
Davide Iezzi
Simone Franceschi
Giuseppe Durante
Claudio Gori
Manuel Barba
Fabrizia Sofia Cernuto
Enrico Giuranno
Raffaele Varvara
Annalisa Marcozzi
Massimo Paglia
Fabio Casse
Gianfranco Costantini
Maria Fiorella Custodi
Rosa Spadafora
Francesco Valeriani
Giuseppe Cicatiello
Leone Calza
Giuseppe Nocera
Maria Pia Cristiano
Alessandro Badii
Marco Maiella
Flaminia De Pinto
Pietro Santoro
EMENDAMENTO ALLO STATUTO IN TEMA DI COMUNICAZIONE PERIODICA DEL DATO AGGIORNATO SUL NUMERO COMPLESSIVO DEGLI ISCRITTI
Si propone di aggiungere all’art. 10 punto 7 dello Statuto la seguente: “Almeno ogni 18 mesi, e comunque entro 10 giorni dalla pubblicazione del verbale di convocazione della Assemblea annuale, il Comitato Direttivo fa predisporre, a cura del Segretario, un bollettino sintetico sull’andamento delle adesioni al Partito, contenente i dati aggiornati sul numero complessivo degli iscritti e sulla relativa ripartizione territoriale”.
Motivazioni.
La missione di un partito politico è quella di aggregare e formare un gruppo di militanti con lo scopo di identificare, condividere e diffondere un insieme di valori funzionali alla realizzazione di una determinata idea di società e di gestione dei rapporti sociali.
Si tratta di un complesso lavoro fatto di ricerca, analisi, pianificazione strategica, egemonizzazione ideologica e culturale, azione politica. Sebbene sia evidente come la valutazione dell’efficacia di un simile lavoro non possa compiersi su basi esclusivamente quantitative, una qualche rilevazione di ordine quantitativo parrebbe pur necessaria, offrendo essa ai Soci un elemento concreto attraverso cui apprezzare lo stato di avanzamento del percorso di realizzazione della missione.
Si ritiene che il dato aggiornato sul numero complessivo degli iscritti assolva a questa funzione e che sia pertanto corretto che lo stesso venga periodicamente reso accessibile ai Soci del Partito. Per questo se ne chiede la comunicazione nei termini sopra indicati, confidando nella discrezione dei soci nell’utilizzo verso l’esterno di tale informazione.
SOCI PROMOTORI
Guido Carlomagno
Diego Muneghina
SOCI SOTTOSCRITTORI
Jacopo D’Alessio
Annalisa Marcozzi
Alessandra Contigiani
Daniela Talarico
Damiano Leonardi
Davide Iezzi
Raffaele Varvara
Emilio Di Somma
Mauro Esposito
Giorgio d’Allio
Tullio Loffredo
Luca Maniscalco
Fiorenzo Alessio Sesia
GianCarlo Antonelli
Riccardo Di Domenico
Kicco Gabriele Lago
Pasquale Merlino
Daniel Bonacci
Giovanni Floriano
Andrea Manetti
Samuele Bucelli
Maurizio Deidda
Francesco Gori
Iacopo Biondi Bartolini
PARERE DEL COMITATO DIRETTIVO SULL’EMENDAMENTO ALLO STATUTO IN TEMA DI COMUNICAZIONE PERIODICA DEL DATO AGGIORNATO SUL NUMERO COMPLESSIVO DEGLI ISCRITTI, proponenti soci CARLOMAGNO-MUNEGHINA, pubblicato il 23 marzo 2021 sul sito ufficiale del partito.
Con l’emendamento si propone di aggiungere all’art. 10 punto 7 dello Statuto la seguente disposizione: “Almeno ogni 18 mesi, e comunque entro 10 giorni dalla pubblicazione del verbale di convocazione della Assemblea annuale, il Comitato Direttivo fa predisporre, a cura del Segretario, un bollettino sintetico sull’andamento delle adesioni al Partito, contenente i dati aggiornati sul numero complessivo degli iscritti e sulla relativa ripartizione territoriale”.
Il Comitato Direttivo esprime parere favorevole, ritenendo la proposta meritevole di accoglimento, in quanto tendente a soddisfare un’esigenza da sempre avvertita, per cui si impegna, sin dal mese di ottobre, a conferire con apposita delibera uno specifico incarico ad alcuni soci, fra i quali, se disponibili, proponenti e firmatari dell’emendamento, con il coordinamento di un membro del Direttivo, volto al monitoraggio periodico dell’effettiva consistenza numerica e distribuzione sul territorio degli associati.
Più precisamente ritiene il Direttivo che il semplice numero complessivo degli iscritti non sia sufficiente a fornire una indicazione precisa della consistenza dei militanti.
La qualità di socio, infatti, si acquista al momento dell’adesione al partito e si perde per le cause specificate nello Statuto, ovvero per decesso, per esclusione, per decadenza o per recesso. La decadenza si verifica con il mancato pagamento per due anni consecutivi della quota associativa, mentre il recesso deve essere comunicato via mail dal socio.
La struttura ancora in formazione del nostro partito e il fondamento prettamente idealistico e volontaristico dell’impegno dei soci, da un lato non ci consentono di essere particolarmente rigidi nell’attività di controllo ed esazione delle quote, dall’altro rendono complessa la verifica costante della permanenza, nel singolo socio, di una effettiva appartenenza. Del resto rari sono stati, in questi anni, i casi di recesso comunicati formalmente alla mail istituzionale.
Sappiamo bene, ad ogni modo, che il numero di militanti attivi è inferiore sia rispetto a quello degli iscritti, che rispetto ai contatti presenti nel gruppo fb riservato ai soci. Tuttavia, laddove non vengono esplicitate formalmente le intenzioni di recesso o non è possibile ipotizzare, sulla base di specifiche vicende delle quali riusciamo ad avere contezza, l’abbandono di singoli, la verifica della effettiva consistenza della base associativa necessita di una meticolosa opera che deve essere svolta in coordinamento da più persone, e che può impiegare anche centinaia di ore di lavoro ogni anno, risultando indispensabile svolgere diverse operazioni, quali verificare in coordinamento con il Tesoriere il versamento delle quote associative, contattare ogni iscritto, eventualmente anche telefonicamente, per avere un riscontro degli intendimenti di ciascuno, comprendere eventuali ragioni della mancata partecipazione alla vita associativa e, per i soci territorialmente isolati, creare gli opportuni raccordi con i soci più vicini.
Va considerato, in proposito, che parecchi soci non sono presenti sui social, nonostante facebook sia uno strumento che, con tutti i suoi limiti e negatività, è stato da noi utilizzato in maniera proficua, sia per incontrarci ed aggregarci, che per coordinare le nostre attività (senza non saremmo esistiti).
Per altro verso, sappiamo che, seppur esiste un consistente numero di militanti che utilizza quotidianamente e costantemente i social, per ragioni personali e per le attività del partito, è vero anche che una parte altrettanto consistente (se non addirittura maggiore) di soci ne fa invece un utilizzo ridotto, e comunque non riesce a seguire abitualmente l’attività telematica degli altri soci e del Direttivo.
L’esperienza, in definitiva, ci ha dimostrato che la partecipazione concreta degli iscritti alla vita associativa e alle azioni di militanza dipende da svariate condizioni, quali le effettive possibilità dei singoli, le vicissitudini personali, le affinità fra gli associati dei gruppi locali, ecc..
Ciò significa che, come è spesso capitato, iscritti che per molto tempo sembrano essere inattivi, in realtà mantengono ferma l’adesione al progetto politico del partito, tanto da riprendere appena possibile anche la partecipazione alle attività, specie in presenza di stimoli importanti come le elezioni.
Alla luce delle considerazioni sopra svolte, l’attività di monitoraggio e aggiornamento che viene proposta, seppur laboriosa ed impegnativa, in quanto ritenuta di sicura utilità per il partito verrà certamente avviata su impulso del Direttivo.
EMENDAMENTO SULL’AUTODEFINIZIONE
Si propone di aggiungere all’art. 9, punto 1), lettera b) dopo la parola “antieuropeista”, tra parentesi, che l’antieuropeismo è inteso come avversità alle istituzioni dell’unione europea nata dai trattati, e non all’ Europa come entità geografica e culturale.
La ragione dell’emendamento:
Evitare che il termine “antieuropeista”, venga frainteso come atteggiamento di ostilità e chiusura verso i popoli e le culture dei Paesi europei.
PROPONENTI:
1)Pasquale Laureanda
2)Saverio Squillaci
3)Giuseppe Granata
Sottoscrittori:
1)Maria Pia Cristiano
2)Alessandro Ape
3) Antonio Furfaro
4) Domenico Scordio
5) Andrea D’agosto
6) Salvatore Scrascia
7) Raffaele Varvara
8) Jeff Coppola
9) Rosa Spadafora
10) Claudia Vergella
11) Tonio Di Donfrancesco
12) Annalisa Marcozzi
13) Manuel Barba
14) Matteo Modulon
15) Fiorella Susy Fogli
Relatore emendamento in sede di assemblea: Pasquale Laurenda
PARERE DEL COMITATO DIRETTIVO SULL’EMENDAMENTO ALLO STATUTO RIGUARDANTE I CANALI E LE MODALITÀ DI COMUNICAZIONE DA PARTE DEI SOCI, proponente il socio ZOCCA, pubblicato il 10 marzo 2021 sul sito ufficiale del partito.
Il Comitato Direttivo esprime parere negativo sull’emendamento, avente come promotore il socio Leonardo Zocca, che ha ad oggetto la modifica delle modalità di comunicazione da parte dei soci e l’istituzione di una rivista cartacea a cadenza bimestrale.
Per quanto riguarda il primo punto in oggetto, si obietta che:
1) la proposta di modifica, se accolta, andrebbe a irrigidire inutilmente la comunicazione verso l’esterno del Partito, con l’effetto certo di perdere visibilità e capacità attrattiva nel contesto dei social network. Questi ultimi, che piaccia o meno, hanno rappresentato in passato e rappresentano tuttora uno dei principali bacini di curiosi, simpatizzanti e futuri iscritti al Partito. Non è dimostrato in alcun modo che l’unica militanza efficace sia quella esercitata fuori dalla rete, attraverso incontri privati, banchetti ed eventi pubblici; attività che peraltro non è alternativa a quella svolta in rete e che non è stata mai disdegnata, anzi è sollecitata dal Direttivo, ma che può essere ovviamente effettuata secondo le possibilità e inclinazioni di ciascuno socio.
L’esperienza dimostra, tuttavia, che buona parte delle interazioni tra soci e contatti potenzialmente interessati al nostro progetto avviene a partire dai profili facebook dei soci stessi, ben più che dalle pagine ufficiali e dalla rivista online Appello al Popolo. In una fase storica di grave delegittimazione dei corpi intermedi e della politica nel suo complesso, è persino ovvio attendersi che la pubblicazione di contenuti personali, apparentemente slegati da logiche di parte, abbia maggiore attrattiva rispetto alla propaganda ufficiale di partito e possa rivelarsi propedeutica ad un graduale avvicinamento alla nostra causa. In definitiva, la visibilità offerta dai social network, ed in particolare da facebook, ci è utile e dobbiamo sfruttarla con la massima flessibilità concessa, senza autolimitarci;
2) ogni socio ha un metodo per attrarre curiosi, e ad ogni carattere corrisponde uno stile: tra i contatti che dobbiamo attrarre c’è chi risponde positivamente ad una riflessione provocatoria o iperbolica e chi preferisce uno stile pacato e misurato. La varietà di stili dei soci va lasciata libera di esprimersi, così come liberi devono essere i contenuti, purché non siano in palese contrasto con lo Statuto, i profili di analisi e proposte e i principi programmatici del Partito. La comunicazione del Partito non è solo quella ufficiale, ma è la somma delle comunicazioni che ogni militante rivolge alla sua cerchia di famigliari, amici, conoscenti o semplici contatti. Soffocare questa necessaria varietà espressiva, oltre che discutibile sotto il profilo democratico e costituzionale, è controproducente ai fini del proselitismo.
Non ci sono ignote le ragioni di una comunicazione ordinata e rigidamente centralizzata, che potrebbe rendersi in qualche misura necessaria nel momento della notorietà, laddove qualsiasi uscita pubblica di un esponente del Partito potrebbe essere materiale per articoli denigratori da parte della grande stampa e delle televisioni. Riteniamo, tuttavia, da un lato che, almeno in questa fase della vita del Partito, non sarebbe utile deviare da un metodo che ha dimostrato di essere efficace aiutandoci a crescere, dall’altro, che laddove il problema dovesse un giorno porsi, significherebbe aver già raggiunto lo scopo di fase;
3) la proposta di modifica, infine, è velleitaria, perché concretamente irrealizzabile. Per applicarla dovrebbe operare un ufficio interno al Partito in grado di monitorare quotidianamente, se non in tempo reale, i profili personali di tutti i soci, valutare per ogni singolo post l’aderenza o meno allo rigida disciplina che si propone di inserire con l’emendamento ed eventualmente intervenire per far rimuovere il post incriminato. Un ufficio del genere, oltre che inopportuno, è palesemente incompatibile con le attuali risorse su cui può contare il Partito in termini di tempo e di soci attivi. Allo stesso modo è velleitaria, oltre che inutile, la proposta di affiancare ai canali ufficiali di comunicazione e divulgazione, che sono il sito internet istituzionale e la rivista telematica “Appello al Popolo”, altri canali ufficiali, locali e regionali.
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Per quanto riguarda, invece, il secondo punto toccato dall’emendamento, con cui si propone di istituire una rivista cartacea a cadenza bimestrale, l’ipotesi è stata più volte valutata nel corso di questi anni dal Comitato Direttivo, che ha effettuato anche uno studio preliminare sui costi di realizzazione, sugli adempimenti burocratici relativi, sulle figure professionali di cui reperire la necessaria collaborazione, sul lavoro che sarebbe stato doveroso richiedere ai militanti che avessero deciso di partecipare al progetto. Si è anche riflettuto sulle possibilità di realizzare altre iniziative editoriali. Si è tuttavia deciso di soprassedere fino a quando non avessimo avuto risorse sufficienti, perché l’impegno destinato a tali attività sarebbe stato sottratto alle azioni di militanza necessarie per la costruzione del partito, soprattutto in vista degli appuntamenti elettorali.
Meglio evitare di deliberare una volta una cosa che si riesce a fare che deliberare tante volte cose che non si possono fare. Approvare delibere ineseguibili è ciò che si deve radicalmente evitare.
L’esperienza nella nostra area di riferimento, del resto, ci ha dimostrato che chi si è dedicato alle attività editoriali ha completamente trascurato o addirittura omesso di prendere in considerazione l’attività di costruzione politica.
PARERE EMENDAMENTI SU AUTODEFINIZIONE, proponente socio MUSSO, pubblicato il 22 marzo 2021 sul sito ufficiale del partito, e proponenti soci LAURENDA-SQUILLACI-GRANATA, pubblicato il 23 marzo 2021 sul sito ufficiale del partito.
Il Comitato Direttivo esprime parere favorevole in merito all’emendamento proposto dal socio Federico Musso, tendente ad inserire nell’autodefinizione, dopo la parola “democratica” e prima di “neosocialista”, la parola “popolare”, condividendone le motivazioni.
Quanto all’emendamento proposto dai soci Laurenda-Squillaci-Granata, volto ad aggiungere all’autodefinizione, dopo la parola “antieuropeista”, tra parentesi, che l’antieuropeismo è inteso come avversità alle istituzioni dell’Unione Europea nata dai trattati, e non all’Europa come entità geografica e culturale, il Direttivo esprime parere negativo.
Ciò ovviamente non per contrarietà all’assunto, che anzi ritiene evidente ma limitativo, poiché la nostra avversità si estende a qualsiasi idea di Unione Europea e a qualsiasi processo di integrazione politica degli Stati Europei. La specificazione proposta con l’emendamento, inoltre, comporterebbe un cedimento di fronte a chi cerca di svilire il termine antieuropeismo. In nessun vocabolario si troverà mai movimento ideologico che nega l’esistenza del continente europeo o il romanzo europeo o la musica classica europea o in generale tratti storico-culturali che accomunano diversi paesi europei.
Avendo compreso il prossimo scopo di fase, ed essendo la proposta di emendamento (art9 punto 1 lettera b Laurenda Squillaci Granata) costruito da un gruppo “locale”, dunque frutto di esigenze tratte da una realtà particolare che non tiene in considerazione elementi più oggettivi ed universali, riconoscendo le esaustive ragioni che il direttivo ha opposto per dare parere negativo ritiriamo l’emendamento