I sovranisti tra divulgazione e militanza politica
di Stefano D'Andrea, da appello al popolo
Nei commenti a un recente post di Mattia Corsini si è sviluppato un interessante dibattito sulla opportunità di proseguire esclusivamente l'opera di divulgazione nonché penetrazione dei partiti tradizionali ovvero sulla necessità di iniziare a lavorare per la costituzione di un partito politico sovranista. La mia impressione è che tra i partecipanti al dibattito e tra coloro che in altra sede si sono espressi su questo tema non esistano posizioni molto differenti; più precisamente, taluni fraintendimenti inducono a credere che le differenze siano superiori rispetto alla realtà che si svela dopo un'attenta analisi.
Fare subito un partito antieuro?
Scrive Carmen di Voci dall'estero: "Ma non è che in questo voler fare subito un partito anti euro, unendo tutte le variegate piccole realtà fuori dal PUDE, si manifesti in fondo un ottimismo della volontà che vuole buttare il cuore oltre l'ostacolo, senza sapersi ben regolare sui dati della realtà?".
Sono perfettamente d'accordo con Carmen: costituire un partito antieuro "subito" significherebbe manifestare "un ottimismo della volontà che vuole buttare il cuore oltre l'ostacolo, senza sapersi ben regolare sui dati della realtà"
Orbene può darsi anche che esista qualcuno che voglia "fare subito un partito antieuro" ma questa certamente non è la posizione dell'ARS e quindi di Mattia Corsini. Nel marzo 2012 ci costituimmo in associazione proprio perché ci appariva velleitario e infantile dar vita ad un movimento politico (figuriamoci un partito). Ci siamo dati addirittura appuntamento al giugno 2015 per dar vita a quella che abbiamo definito una semplice frazione del movimento o partito o alleanza sovranista. 2015, non 2014. Nel giugno 2014 svolgeremo ancora un'assemblea nazionale dell'ARS. Né conosco altri gruppi, che abbiano almeno un significativo numero di militanti e simpatizzanti, e che abbiano proposto seriamente di costituire subito un "partito antieuro" – tralascio il fatto che per l'ARS la formula banale del "partito antieuro" sarebbe limitata ed erronea.
Quindi non dobbiamo credere che l'alternativa sia costituire un partito antieuro subito o proseguire esclusivamente nell'opera di informazione, divulgazione e penetrazione dei partiti tradizionali. Le cose non stanno così. Si tratta di una falsa prospettiva che pone in alternativa una opzione realistica, sensata e già da tempo praticata (proseguire nella divulgazione, informazione e penetrazione dei partiti esistenti) e una opzione irrealistica, insensata e impossibile da mettere in pratica.
Che significa infatti cercare di "fare subito un partito antieuro"? Che dieci o venti persone, più o meno dotate di autorevolezza nella rete, si mettono assieme a fanno un appello a coloro che nella rete sostengono l'uscita dall'euro o dall'unione europea? Sarebbe una sciocchezza. Ipotizziamo che accada. E poi? Quale tipo di organizzazione prescegliere? Come sceglierla? Un partito non è una rivista o un circolo culturale. La medesima idea di fondo – uscire dall'euro o dall'unione europea – può attirare o meno consensi e militanti a seconda della organizzazione prescelta e può avere vitalità o sciogliersi come neve al sole proprio a causa del tipo di organizzazione. Un partito è un'associazione e quindi una organizzazione collettiva. Non possiamo mica comportarci come Rutelli quando fonda l'API o Fini quando fonda FLI (e si tratta di due fallimenti)! Non abbiamo posizioni di potere; non abbiamo gruppi radicati nei territori; non sappiamo chi ha talune qualità e chi ne ha altre; chi è bene che abbia un tipo di incarico, chi è bene che ne abbia un altro e chi è bene che non abbia incarichi. Non sappiamo chi è pratico e votato all'azione e chi è chiacchierone. Inoltre un partito è una organizzazione che agisce: ha un metodo, una strategia e una tattica. Salvo affidarci a uno o altro idolo – ma allora la prospettiva, già debole, si indebolirebbe ulteriormente, perché si può accettare di stare in un partito del quale sono membri dirigenti che non ci convincono del tutto; ma non si entra in un partito leaderistico se il leader non è da noi profondamente stimato -, prospettiva oltre che debole, mortificante e mortifera, le discussioni sulla teoria e sulla prassi dell'azione sarebbero interminabili, come quelle sul tipo di organizzazione, perché si svolgerebbero immerse in un fluido, senza appigli stabili.
Insomma, che si debba costituire subito un partito antieuro è idea ingenua, priva di ogni fondamento, almeno se si aspiri a costituire un partito che rifaccia la storia d'Italia.
La vera alternativa alla semplice divulgazione.
Qual è, dunque, l'alternativa alla semplice divugazione e alla penetrazione dei partiti esistenti? Credo che sia la prospettiva scelta dall'ARS (che tuttavia divulga ma è assolutaente disinteressata alla penetrazione dei partiti esistenti). Una prospettiva che dica: bisogna approfittare della crisi generata dall'euro, delle riflessioni che stiamo svolgendo, delle nozioni che stiamo apprendendo, delle nuove valutazioni che stanno emergendo. Bisogna approfittare di tutto ciò per costituire un partito che rifaccia la storia d'Italia e assuma come guida la disciplina costituzionale dei rapporti economici. L'ARS non divulga semplicemente ma promuove la militanza, crea una rete sovranista, la organizza, impegna le persone, genera fede.
Rimproverare Bagnai? No, sollecitare i bagnaiani.
Perciò, se un rimprovero si può muovere a Borghi e Bagnai, non è certo che essi cercano di penetrare i partiti esistenti, scelta legittima e opportuna, considerate le loro qualità e le loro vocazioni. E nemmeno li si può rimproverare di non svolgere un ruolo che o non vogliono o non possono o non sono in grado di svolgere o che da essi non è reputato utile tenuto conto che le risorse e il tempo sono scarsi ed essi pensano di avere altro da fare: ognuno può compiere soltanto le azioni in cui crede e che pensa utili. No, li si può rimproverare soltanto del fatto che vadano dicendo e scrivendo che il partito non si deve costituire: non soltanto non si deve costituire "subito"; non si deve costituire nemmeno tra due anni. Questa presa di posizione potrebbe spingere le persone che li seguono a non agire, a non tentare di muovere i primi passi per la costituzione di un'altra frazione dell'alleanza sovranista o a non aggregarsi ai gruppi esistenti, a non iniziare quell'attività virtuosa che, nelle svariate cittadine italiane, può creare comunanza, stima, amicizia e generare classe dirigente.
Tuttavia sarebbe un rimprovero assai ingeneroso, perché essi stanno svolgendo comunque un lavoro egregio: non pochi membri dell'ARS, credo una ventina, sono stati frequentatori assidui del blog di Bagnai e moltissimi altri sono stati formati al sovranismo anche da Bagnai; e anche i sovranisti pentastellati credono debbano parecchio a Borghi e Bagnai. Insomma, se è vero che Bagnai e Borghi non intendono, per ora, promuovere una frazione del movimento sovranista, è anche vero che molti loro lettori – direi senz'altro i migliori – hanno l'intelligenza e la coscienza per capire ciò che devono fare, nonché carattere e autonomia per agire di conseguenza. Chi avverte il desiderio e il dovere di militanza può certamente adempiere il dovere e soddisfare il desiderio, costituendo un nuovo gruppo o entrando in uno di quelli esistenti. Coloro che avvertono il desiderio e il dovere ma non militano, perché Bagnai e Borghi sostengono che il nuovo partito non si deve costituire, sono classici fans, immaturi, che non sarebbero molto utili nemmeno se militassero: anzi sarebbero dannosi.
Insomma, Mattia, lasciamo lavorare Borghi e Bagnai e interessiamoci ai bagnaiani, in particolare ai migliori di loro. Questi ultimi possono certamente fare di più rispetto a ciò che fanno. E il medesimo discorso, credo, può essere svolto per Barnard e i barnardiani.
Servono denaro e grande sacrificio?
Sempre commentando il post di Mattia Corsini, scrive Luciano Barra Caracciolo: "un'organizzazione che parte dalla base, e non sia condizionata dall'alto (dai detentori dei mezzi di finanziamento) esige uno sforzo concreto ed attuale, organizzativo e finanziario, nonchè di tempo, che pare, allo stato, trascendere la effettiva DISPONIBILITA' di coloro che, pure, vorrebbero "di più". La domanda è: cosa si è disposti a fare in termini pratici ed attuali, anche a costo, inevitabilmente e in una certa misura, di sacrificare le proprie opportunità sociali e anche lavorative?
Questa domanda è per ciascuno di noi, perchè per ciascuno di noi 'suona la campana'".
Non credo che in questo momento serva denaro. Se l'obiettivo è costruire una rete di sovranisti, magari composta di quattro o cinque frazioni, che raggiunga il numero complessivo di circa 10.000 militanti, il denaro non serve. Così come il denaro non serve per organizzare la rete man mano che essa si va estendendo. Tre miltanti che vivano in una contrada di 100.000 persone hanno forse bisogno di denaro per andare a cercare i vecchi compagni di scuola, i migliori professori di liceo, le persone con le quali è casualmente capitato di parlare e che sembrano avere idee sovraniste, per organizzare riunioni in casa o in una sala caffè, o per uscire in pubblico in una piazza, in occasione di una sagra o per girare per la città con un altoparlante? Perché i tre costituiscano un gruppo di 25 persone non serve denaro. Certo, qualche soldo servirà quando si vuole organizzare un evento, per pagare la sala e stampare le locandine. Ma si tratta di poca cosa.
Ciò che serve non è il denaro, bensì il lavoro: il lavoro e l'impegno di militanza.
Quanto tempo, quanto sacrificio? Meno di quanto si pensi. O meglio, non tutti militano allo stesso modo. Tuttavia, se si è inseriti in una struttura che funziona, in una rete organizzata, anche chi compie azioni di militanza soltanto su sollecitazione è utilissimo. L'organizzazione serve proprio a questo: a massimizzare l'efficacia dell'azione. I Mattia Corsini, gli Stefano D'Andrea, i Lorenzo D'Onofrio, Andrea Franceschelli, Aaron Paradiso, Anna Biancalani, Roberto Bertelè e moltissimi altri (credo che nell'ARS ce ne siano già almeno cinquanta), insomma gli idealisti che ardono dalla passione e non avvertono il sacrificio o comunque provano un piacere nettamente superiore, si trovano. Ce ne sono moltissimi. Essi sono i capitani. Ma un esercito non è formato soltanto da capitani, bensì anche da soldati, che compiono l'azione richiesta e da altri organizzata: promuovono un incontro nella loro cittadina; partecipano ad un volantinaggio pubblico; invitano un amico o un conoscente a prendere una birra per cercare di coinvolgerlo nel progetto.
Poi, se la cosa funziona, se la rete si ingrandisce, se il proselitismo dà risultati, se si ritrovano assieme vive intelligenze, se la disciplina, fondamento dell'organizzazione, rende fertile ogni azione, le cose cambiano e la iniziale simpatia diventa apprezzamento, poi adesione convinta, poi fiducia e in fine fede. Ed ecco che il soldato si trasforma in capitano e alla semplice disciplina si affianca la passione.
E' la politica nel senso più nobile del termine.