Fiorenzo Fraioli, curatore del blog "Eco della rete": perché mi iscrivo all'ARS

Fiorenzo Fraioli Eco della rete

Dopo aver a lungo riflettuto, ho deciso di accogliere l’invito dell’amico Stefano D’Andrea di entrare a far parte dell’Associazione Riconquistare la Sovranità. In questo post le ragioni della mia decisione.

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Per indole sono restìo ad associarmi a qualsiasi gruppo, avendo sempre preferito muovermi nella più completa libertà. Uniche eccezioni, la frequentazione, per meno di un anno, nel 2005, del circolo del PD di Frosinone, e l’essermi dichiarato grillino dal 2007 al 2010. Prima del 2005 il nulla: ero uno dei tanti italiani che pensavano ai fatti loro, concentrato sul lavoro e sulla vita personale, sebbene mi considerassi, in modo alquanto generico, “di sinistra“. Mi sarebbe piaciuto rimanere in quello stato, oh quanto mi sarebbe piaciuto! Cosa c’è di meglio, per una persona normale, che vivere in pace nel suo paese, pensando ai propri affari?

Senonché, c’era qualcosa che non andava. Ricordo ancora quel pomeriggio d’inverno del 2005, allorché, dopo aver ascoltato le parole di un politico d’opposizione della mia città, che si lamentava della stampa locale, lo avvicinai proponendogli di stampare e distribuire un foglio alternativo. Il suo atteggiamento di disinteresse, e la risposta quasi infastidita che ricevetti, fecero scattare qualcosa dentro di me. Capii, tutto d’un tratto capii, che dovevo fare qualcosa. Chiamai l’amico Claudio Martino, che conosco dai tempi delle passeggiate filosofiche degli anni adolescenziali, e gli proposi di stampare e distribuire, noi due soli, un foglio di informazione locale alternativa. Per un anno e mezzo stampammo DoubleFace, girando tutta la città per distribuirlo, “manu propria“, ai nostri concittadini.

Piano piano i miei orizzonti politici cominciarono ad ampliarsi. Non bastava occuparsi solo dei problemi della città, ma anche del territorio, poi del paese nel suo insieme. Non c’era solo un problema di inadeguatezza della classe politica, ma si dovevano fare i conti con una visione del mondo che riduceva ogni cosa a merce. Capii che le scelte delle forze politiche locali, in favore di alcuni megaprogetti, nascevano dalla pressione di flussi di capitali in cerca di impieghi, e che questi impieghi erano quasi sempre (per non dire sempre) di natura speculativa.

Poi venne la crisi, che mi fece comprendere che dovevo mettermi a studiare. Come accade a chiunque inizi un percorso di studio da autodidatta, ho preso delle strade sbagliate. O almeno non essenziali. Certo, non sono caduto tra le grinfie dei signoraggisti, né in quelle dei complottisti, ma qualche errore riconosco di averlo fatto. Alla fine, però, il buon senso mi ha aiutato. Infatti mi sono chiesto: qual è stata la più importante decisione politica ed economica degli ultimi decenni, e anche quella di cui si è parlato di meno? La risposta la sapete: il processo di integrazione europea. E perché, proprio della più importante decisione politica ed economica, si è parlato di meno? La risposta era dentro di me, ed era quella tautologica: perché non se ne doveva parlare!

Ho detto “decisione politica ed economica” non a caso. Il processo di integrazione europea rappresenta una fuga in avanti delle classi dominanti, il cui obiettivo è quello di scardinare gli equilibri politici esistenti in vista di un nuovo assetto, di natura imperiale e classista. Gli assi portanti di questo tentativo, oggi manifestamente in crisi, sono stati la riduzione del ruolo degli Stati nazionali e la moneta unica. La crisi è una conseguenza sia della fragilità intrinseca della costruzione, sia del fatto che, come sempre accade, i dominanti, mentre fanno la guerra ai dominati, non per questo smettono di farsela l’un l’altro. In sintesi: la solita guerra tra stati europei per l’egemonia, e la solita guerra dei ricchi contro i poveri. Nihil sub sole novi.

Tutto questo non avrebbe dovuto succedere, ma è successo. Toccherà agli storici del futuro chiarire come e perché le classi dominanti dei paesi debitori siano cadute nella trappola dei tedeschi. Qualcuno mi ha suggerito, come possibile spiegazione, il rasoio di Hanlon: «Never assume malice when stupidity will suffice» («Non presumere mai cattiveria laddove basti la stupidità»). Non so se basti a spiegare tutto, ma credo che il “rasoio” un ruolo l’abbia giocato.

Ora siamo alla bagarre, una situazione di caos nella quale non si intravede alcuna linea di tendenza, se non quella di un’ulteriore disgregazione e di aumento della confusione. Anche perché quello che è successo a me, quel pomeriggio d’inverno di otto anni fa, è accaduto a migliaia di altri italiani, allorché i primi scricchiolii, che annunciavano il crollo di quella che verrà ricordata come l’ex-Unione Europea, hanno cominciato a smuovere l’acqua stagnante dell’indifferenza, nella quale marciva il popolo italiano. Ne è venuto fuori di tutto, e il movimento guidato da Beppe Grillo è stato il più abile nell’intercettare il disagio. Quanto accaduto è ormai “storia“, e da qui si deve ripartire.

Qualche anno fa, parlando con amici di sinistra, in innumerevoli occasioni li misi in guardia sul fatto che nel M5S c’erano migliaia di attivisti, giovani e meno giovani, e che tra questi molti provenivano dall’impegno politico degli anni settanta, ex militanti sia di destra che di sinistra. Li ammonii sul fatto che, a distanza di decenni, anche grazie alla saggezza dell’età, molte contrapposizioni, all’epoca viscerali, si erano stemperate, favorendo il riconoscimento di un dato di fatto elementare, l’essere cioè tutti figli di un dio minore: classe subalterna, non più proletaria (per mancanza di prole) ma precarizzati sì, eccome! Devo aggiungere che non servì a nulla? Devo proprio battere sulla tastiera per dirvi che mi trovai davanti a un muro di gomma? L’ho già fatto.

Questi veri e propri “sinistrati” hanno insistito fino al punto di votare per la lista di Ingroia, oppure hanno scelto il non voto, piuttosto di accettare il fatto che, votando per il M5S, avrebbero potuto sbriciolare la chiave di volta dell’Europa di Maastricht. Per il momento i “sinistrati” sono fuori gioco (ma spero che rinsaviscano), mentre tutti gli attivisti e gli elettori che hanno saputo cogliere l’opportunità offerta dal voto al M5S si trovano davanti un formidabile dilemma: entrare nel M5S per arricchirlo, trasferendo al suo interno l’esperienza politica di decenni di opposizione, oppure affiancare questo movimento, sfidandolo nelle sue ambiguità e contraddizioni, che pure ci sono e sono evidenti?

Poiché, prima di uscirne (pur votandolo) sono stato parte del M5S fin quasi dagli inizi, e dunque ne conosco molto bene i punti di forza e le contraddizioni, ritengo che la mia scelta debba essere la seconda. Ho esitato a lungo prima di scegliere a quale gruppo aderire, e sono giunto alla seguente conclusione: aderirò a più di un movimento, purché ognuno di essi ponga, al primo punto del programma, la riconquista completa della sovranità nazionale. La mia, dunque, è una scelta in primo luogo sovranista.

Aderirò a più di un movimento perché sono una persona dalla duplice natura: sono un vagabondo, ma sono anche una persona disciplinata. In quanto vagabondo non mi piacciono le tessere (dunque ne avrò molte), in quanto disciplinato sono capace di assumere impegni e portarli a termine.

Soprattutto, poiché la mia stella polare è la riconquista della completa sovranità nazionale e non il successo di questa o quella iniziativa politica, il mio compito non può che essere quello di favorire l’aggregazione delle forze sovraniste, come pure il successo di questa idea all’interno di forze politiche che ancora non la fanno propria, o lo fanno in modo ambiguo, come è il caso del M5S.

Ovviamente, nell’aderire a più di un movimento sovranista, presterò la massima attenzione nel valutare un secondo elemento. Ricordate cos’ho scritto poc’anzi? Questa è una guerra tra Stati europei per l’egemonia, ma è anche una guerra dichiarata dai ricchi contro i poveri. Ebbene, nei gruppi ai quali aderirò la parola “sovranismo” non dovrà mai essere coniugata con la parola “nazionalismo“. Sono due concetti molto diversi, che non vanno confusi. Essere “sovranisti” significa difendere l’indipendenza e la libertà di un popolo che si riconosce come tale, mentre essere “nazionalisti” significa difendere gli interessi della classe dominante di un paese in competizione con le classi dominanti di altri paesi. Ebbene, io sono “sovranista“.

Per questo ho scelto di aderire all’ARS, accogliendo l’invito dell’amico Stefano e di altri che ho conosciuto, con alcuni dei quali ho già avuto occasione di collaborare, apprezzandone sia la capacità di portare avanti iniziative, sia la simpatia personale. Viva l’Italia.

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Una risposta

  1. Truman ha detto:

    Il rasoio di Truman: non ha senso cercare stupidità dove è visibile un interesse economico. Segui il denaro e capisci.

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