DOCUMENTO DELL'ARS SULL'IMMIGRAZIONE – Documento per l'Assemblea Nazionale del 7 giugno 2015

Gli emendamenti al documento potranno essere presentati dai soci mediante commento al presente post entro domenica 24 maggio. Verranno sottoposti all’esame ed al voto dell’assemblea del 7 giugno gli emendamenti che raccoglieranno l’adesione di almeno 10 soci entro mercoledì 27 maggio.

 

ANALISI

 

Sovranità dello Stato nelle politiche sull’immigrazione

Il potere di disciplinare l’immigrazione è una manifestazione essenziale della sovranità dello Stato, la quale comporta il controllo del territorio (Corte Costituzionale, sent. n. 250/2010): “Lo Stato non può (…) abdicare al compito, ineludibile, di presidiare le proprie frontiere: le regole stabilite in funzione di un adeguato flusso migratorio vanno dunque rispettate, e non eluse (…) essendo poste a difesa della collettività nazionale e, insieme, di tutti coloro che le hanno osservate e che potrebbero ricevere danno dalla tolleranza di situazioni illegali” (sent. n. 353/1997).

La potestà legislativa dello Stato in tema di immigrazione si esprime non soltanto nelle regole d’ingresso e di soggiorno, ma anche nelle sanzioni previste per la violazione di queste regole e nella disciplina dei procedimenti necessari per la loro applicazione.

Il potere di ammettere o di escludere gli stranieri dal territorio nazionale è inoltre conforme al diritto internazionale consuetudinario, al quale l’articolo 10 comma 2 della Costituzione rinvia, poiché in questa materia opera il pieno principio della sovranità territoriale. Nel principio di sovranità è implicita la piena libertà dello Stato di stabilire la propria politica nel campo dell’immigrazione, permanente o temporanea che sia: alla luce di questo, l’Italia può e deve riacquistare il controllo sui flussi migratori, anche attraverso il pattugliamento delle proprie frontiere terrestri e marittime.

I dati sull’immigrazione in Italia

Per cittadini stranieri si intendono persone che non hanno cittadinanza italiana, ma che dimorano abitualmente sul territorio nazionale in quanto possessori di un regolare titolo a soggiornare. Vi fanno parte anche gli apolidi.

Nel corso dell’ultimo decennio intercensuario 2001/2011 la popolazione straniera residente in Italia è triplicata, passando da poco più di 1 milione e 300 mila persone nel 2001 a oltre 4 milioni nel 2011 (dati Istat). Due stranieri su tre risiedono nel Nord; in particolare, il 35% vive nell’Italia Nord-Occidentale, il 27% nel Nord-Est, il 24% nel Centro e il 13% risiede nel Mezzogiorno. A fine 2013 si è registrato un incremento del 12,2%, rispetto ai dati del 2011, che ha portato i cittadini stranieri residenti nel nostro Paese a 4.922.085 unità, pari all’8,1% della popolazione residente totale. Un numero crescente di stranieri residenti è inoltre cittadino di stati aderenti agli Accordi di Schengen: 1.108.000 unità, secondo il “Dossier immigrazione ISTAT” del 2013.

Bisogna distinguere tra immigrati economici, ovvero tutte quelle comunità straniere attratte dalle opportunità economiche offerte dal nostro Paese, e immigrati che fuggono da situazioni di conflitto e violazione di diritti fondamentali. Del primo gruppo fanno parte, ad esempio, i cinesi, comunità in continuo aumento anche grazie alla presenza dell’euro. La moneta unica europea offre, infatti, attraverso la possibilità di rimesse nel paese d’origine dei lavoratori stranieri, indubitabili vantaggi derivanti dal cambio con valute più deboli.

Per quanto riguarda l’immigrazione illegale, i dati raccolti dall’agenzia europea Frontex mostrano come la costa greca e quella italiana rimangano i territori d’ingresso più importanti. Recentemente si è aggiunta una nuova rotta che passa per i Balcani, sfruttata da cittadini siriani che oltrepassano la Turchia e la Bulgaria.

Secondo i dati del Ministero dell’Interno, nel 2014 sono sbarcati 170.100 immigrati, con un incremento del 296% rispetto all’anno precedente (nel 2013 furono 42.925). Si tratta del 77% sul totale degli sbarchi nei paesi dell’Unione Europea. L’83% proviene dalle coste libiche, la restante parte dalle coste egiziane e turche. I paesi di origine di questi immigrati sono Siria (42.323), Eritrea (34.329) e, a seguire, Mali, Nigeria, Gambia, ecc.. L’improvviso afflusso di siriani è dovuto al perdurare della guerra civile.

La Libia resta lo snodo principale – specie dopo l’anarchia generata dall’abbattimento del regime di Gheddafi -, ma il traffico di esseri umani nasce nell’Africa sub-sahariana.

La “rete” dei trafficanti muove un fiume di denaro, spesso drenato da economie in miseria. I trafficanti non pianificano in una continua situazione emergenziale, come accade ai governi europei: studiano le vulnerabilità geografiche, normative e fisiche dei vari paesi da raggiungere, sfruttandole e modificando rapidamente, all’occorrenza, modalità operative e rotte.

Il meccanismo delle accettazioni/espulsioni

Attualmente le espulsioni sono in realtà nemmeno il 50% del totale dei procedimenti avviati, poiché risultano, da un lato, molto costose in termini di personale e mezzi di trasporto (situazione ancor più esasperata dai vincoli di bilancio europei), dall’altro, difficoltose per la mancata stipula di accordi con i paesi di provenienza degli immigrati clandestini.

Per quanto riguarda le persone provenienti da paesi in guerra, come nel caso somalo o eritreo, i tassi di accettazione sono molto elevati per via degli obblighi umanitari: l’obbligo di accoglienza umanitaria, a volte temporanea, altre volte ipso iure, non è aggirabile (Convenzione di Ginevra del 1951).

Diverso e più complesso è il caso dei migranti economici. Si pensi che nel 2005 il 60% degli stranieri dotati di autorizzazioni temporanee al soggiorno, i cosiddetti overstayers (dati del Ministero dell’Interno), alla scadenza del visto ha fatto perdere le proprie tracce rimanendo illegalmente nel territorio nazionale e finendo per alimentare l’economia sommersa.

Gli attuali indirizzi neo-liberisti delle politiche sull’immigrazione

I vari governi che si sono succeduti nel nostro Paese hanno emanato sette leggi di sanatoria negli ultimi venticinque anni (si ricordi, ad esempio, il “Decreto Flussi” del 2006), oltre ad altri provvedimenti minori. L’Istat ha calcolato che nel corso degli anni ’90 più del 60% dell’incremento della presenza straniera regolare in Italia è da riferirsi all’esito di provvedimenti di sanatoria: non si è trattato, dunque, di nuovi arrivi ma della emersione di persone che già vivevano e lavoravano nel Paese da irregolari. Pertanto la bassa percentuale di immigrati irregolari nel nostro Paese (6%, dato Ismu del 2013) non è da ricondurre a un nostro efficiente controllo delle frontiere o da un ridimensionamento dei flussi migratori.

Le procedure di sanatoria, ricordiamo, sono una costante delle politiche europee sull’immigrazione.

Dal confronto sui flussi degli ultimi anni emerge che i nuovi permessi rilasciati per lavoro sono il 43,1% in meno rispetto al precedente periodo di riferimento (dato tendenziale in perfetta opposizione alle sanatorie che i governi hanno giustificato sulla base di un insussistente bisogno di manodopera aggiuntiva in piena fase di recessione economica), così come si sono ridotti, anche se in misura inferiore (del 17%), i permessi per i ricongiungimenti familiari.

L’assenza di controllo dei flussi migratori degli ultimi anni è stata una precisa volontà politica, di indirizzo neoliberista, per esercitare pressioni al ribasso sui diritti sociali dei cittadini italiani.

Un processo accelerato di insediamento di popolazione non nativa così articolato non è un progetto umanistico, ma un’arma al servizio del grande capitale: servirsi di forza lavoro straniera in condizioni disumane ha infatti l’unica finalità di proseguire agevolmente nell’indirizzo economico prioritario della deflazione salariale, attraverso l’incremento artificiale dell’offerta di lavoro a bassissimo costo.

Tra gli argomenti utilizzati dalla pubblicistica italiana a sostegno della necessità di avere ampi flussi migratori di manodopera non qualificata, c’è anche quello per cui gli immigrati andrebbero a svolgere mansioni che i nativi rifiutano. In realtà, se i salari fossero più elevati, i nativi sarebbero del tutto disposti a lavorare in ambiti di scarsa qualificazione professionale, ma l’eccesso di offerta di lavoro causato dall’immigrazione incontrollata tende, appunto, a deprimere oltre ogni limite i salari orari in tali ambiti.

Inoltre, i lavoratori immigrati tendono ad inviare in patria la quasi totalità dei propri guadagni, anziché spenderli sul mercato domestico.

Esternalità negative elevate in termini di spesa pubblica, inoltre, sono connesse al fenomeno immigratorio, e l’illusione di prospettiva del presunto sostegno dei contributi degli immigrati al sistema previdenziale è data dal fatto che siamo nei primi anni di anzianità contributiva dei medesimi. Quando otterranno il diritto alle prestazioni graveranno pesantemente sul sistema.

Popolazione carceraria straniera

Una società neoliberista, organizzata sui processi di atomizzazione, di separazione e di diseguaglianza, finisce per etnicizzare le contraddizioni sociali al punto che, per un immigrato irregolare, l’unica rete di riferimento è spesso quella della microcriminalità.

Esaminando la situazione italiana emerge che la popolazione carceraria straniera è passata dal 29,3% del 2000 al 34,9% del 2013 (dato Istat in diminuzione dal 2007), valore nettamente superiore al tasso medio europeo e di gran lunga superiore alla percentuale di stranieri presenti nella società italiana in generale.

La diminuzione della popolazione carceraria tra il 2011 ed il 2013 è dovuta all’ampio ricorso alle misure alternative al carcere, come l’affidamento in prova ai servizi sociali (50,2%), la detenzione domiciliare (il 46%) o la semilibertà (3,8%).

Il profilo di cittadinanza

L’acquisto della cittadinanza italiana deve tornare ad essere non un semplice processo burocratico, ma la certificazione di una radicale volontà di aderire ad una nuova comunità nazionale.

Il cittadino italiano è tale in quanto appartenente allo Stato costituzionale, ne condivide gli ideali democratici con impegno, riflessione, consapevolezza e unità in vista di un obiettivo ed un progetto comune al popolo al quale appartiene. Viceversa, la rottura del collegamento nazionalità-cittadinanza-diritto di voto (introdotto dall’art. 8, comma 1, del Trattato di Maastricht riguardante la cosiddetta “cittadinanza dell’Unione”) altera l’esercizio dei diritti politici del cittadino italiano. Si torni, dunque, ad una configurazione tradizionale della cittadinanza superando la dimensione ambigua e problematica rappresentata dalla cosiddetta “cittadinanza duale” dell’Unione Europea.

 

PROPOSTE

 

1. Agli immigrati regolari va riconosciuto lo stesso livello di prestazioni destinato ai cittadini. Tuttavia l’impegno solidaristico non include il diritto al lavoro del quale, per l’articolo 4 della Costituzione, sono titolari i soli cittadini, in quanto destinatari delle sovrane politiche di piena occupazione.

2. La portata dei flussi migratori deve essere determinata annualmente tenendo conto del fine di perseguire la piena occupazione dei cittadini (articolo 4, primo comma Cost.), della necessità di garantire forza lavoro in tutti i settori strategici (l’ingresso di nuova manodopera specializzata e selezionata servirebbe essenzialmente laddove vi siano capacità produttive inespresse a causa dell’assenza di personale), dei problemi connessi all’adeguamento del livello dei servizi (tecnici, sociali, infrastrutturali), dei tempi necessari a una reale integrazione.

3. Nelle attuali fasi di crisi, al fine di promuovere e difendere i diritti dei lavoratori italiani sarà necessario limitare fortemente il fenomeno immigratorio. Saranno agevolati i ricongiungimenti familiari con esclusione degli ascendenti, qualora il richiedente dimostri di avere uno stabile reddito minimo e di poter accogliere adeguatamente la famiglia.

4. Immigrazione regolare: con l’uscita dall’area Schengen lo Stato italiano recupererà il potere di disciplinare sovranamente l’ingresso di tutte le persone straniere. Dovrà necessariamente essere rivalutata la posizione dei cittadini dell’ex area Schengen che non abbiano dimostrato in un congruo periodo di tempo di poter provvedere al proprio sostentamento.

5. Immigrazione irregolare: l’ospitalità deve avere carattere essenziale ma di eccellenza. I non aventi diritto a protezione devono essere identificati ed espulsi. I centri di accoglienza e di identificazione necessitano di una ridenominazione, riconversione e di una modifica delle funzioni ad essi destinata. Dopo il secondo mese di soggiorno, il vitto e l’alloggio saranno pagati dagli immigrati mediante lo svolgimento di 4 ore giornaliere di lavori in favore della collettività (ad esempio pulizia degli argini di fiumi e canali, di spiagge pubbliche, eliminazione di discariche abusive, ecc.), con espulsione in caso di rifiuto o di danneggiamento delle strutture.

Sarà prevista l’introduzione di sanzioni molto onerose (decine di migliaia di euro) a carico di chiunque conceda in locazione immobili ad immigrati irregolari o commissioni lavoro a questi ultimi. Lo straniero regolare che violi i suddetti divieti verrà anche espulso.

6. Si dovrà valorizzare e potenziare la Guardia Costiera affidandole il monopolio delle funzioni di intelligence e pattugliamento in mare. Si dovrà altresì rafforzare il controllo delle frontiere terrestri a mezzo della Polizia di Stato. Possibilmente con il consenso delle autorità locali, o subordinatamente dietro mandato ONU, dovranno essere demoliti i barconi utilizzati dai trafficanti e che non sia possibile requisire.

Di vitale importanza sarà l’istituzione di accordi con stati quali Turchia ed Egitto, che rappresentano snodi importanti per il traffico di esseri umani, allo scopo di colpire trafficanti e intermediari.

7. L’Italia dovrà impegnarsi a non interferire negli affari interni di altri Paesi, né direttamente, né indirettamente, con azioni e provvedimenti che possano limitarne la sovranità economica e politica: la maggioranza degli immigrati che attraversano attualmente il Mediterraneo, infatti, proviene dalla Siria, dalla Somalia e dall’Eritrea, paesi che stanno vivendo delle gravi crisi interne che sono state esacerbate dall’interferenza occidentale.

Eventuali accordi internazionali finalizzati alla gestione comune delle emergenze umanitarie dovranno assicurare condizioni di parità tra gli stati contraenti.

8. Affinché i detenuti stranieri espiino la pena carceraria nel proprio paese di origine, saranno promossi accordi internazionali e rinnovate convenzioni già esistenti con paesi come il Marocco, la Romania, la Tunisia (tra i principali paesi interessati).

9. Lo straniero regolare può diventare cittadino, per residenza, in presenza dei seguenti requisiti:

– che abbia proposto domanda dopo che siano trascorsi 10 anni di regolare soggiorno;

– che abbia superato un serio esame di lingua italiana;

– che abbia superato un serio esame di diritto costituzionale;

– che non abbia riportato sentenze penali di condanna. In caso contrario, la concessione della cittadinanza sarà sospesa fino all’eventuale annullamento della sentenza.

 

Martina Carletti per “Associazione Riconquistare la Sovranità” (documento approvato dal Comitato Direttivo all’unanimità con modifiche e integrazioni)

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14 risposte

  1. Gian Federico ha detto:

    Punto 5 (legato al punto 9 per la richiesta di cittadinanza): i centri di accoglienza ed i comuni che ospitano gli immigrati dovranno predisporre corsi di lingua e cultura italiana ad un livello minimo pari a quello della scuola dell’obbligo. Questo per poter facilitare l’integrazione ed offrire all’immigrato regolare la possibilità di qualificarsi in Italia iniziando percorsi di formazione o quale requisito per il proseguimento degli studi previo il riconoscimento dei titoli accademici.

    Punto 9: ometterei – che abbia superato un serio esame di diritto costituzionale – mi atterrei ad un serio esame di lingua e cultura italiana nella quale inserirei nozioni di diritto costituzionale. Questo perché questo parametro mi sembra troppo rigido e vincolante in considerazione del fatto che il cittadino medio non conosce il diritto costituzionale se non nella forma di qualche nozione acquisita durante la scuola superiore.

    Osservazione sul punto 6 prima parte: riguardo alle attività della Guardia Costiera, aggiungerei a “valorizzate e potenziate” anche “semplificate o specializzate”.

    Questo in memoria della mia esperienza in tale corpo militare e tutt’ora riservista come uff.le, perchè, attualmente le Capitanerie di Porto con la fondamentale funzione di Guardia Costiera dipendono da ben 8 ministeri (non ho fatto l’elenco per non essere troppo prolisso) e dal dipartimento di protezione civile.

    Tutto ciò comporta una dispersione di mezzi e uomini dalle attività primarie (ricerca e soccorso, difesa, sicurezza, controllo sofisticazione cibi, ecc.) a quelle secondarie, attività di puri adempimenti burocratici per le trasmissioni di competenza o che non dovrebbero, a parere mio, essere di competenza della GC, come il trasporto di carcasse di mammiferi marini seguita dalla ricerca di enti o strutture disposti ad accoglierle utilizzandoli per lo studio).

    Per questo propongo i termini “semplificazione” se per alcune cose se ne occupano direttamente altri enti (ad es. la motorizzazione potrebbe occuparsi di patenti nautiche e degli esami per le iscrizioni ai registri della “gente di mare”) o “specializzate” se vengono direttamente suddivisi i compiti primari e secondari e quelli per i quali, in taluni casi, possa essere impiegato anche personale civile.

    • Gianluigi Leone ha detto:

      Favorevole all’aggiunta del termine “semplificare” sicché la nuova formulazione diverrebbe:

      “6. Si dovrà valorizzare, semplificare e potenziare la Guardia Costiera affidandole il monopolio delle funzioni di intelligence e pattugliamento in mare.”

  2. Nicola Violetta ha detto:

    Non se sia oggettivamente fattibile, ma nel caso riterrei utile stabilire dei limiti fisici, variabili da zona a zona, dei valori limite alla densità di abitanti per km^2, considerando soprattutto l’impatto in termini abitativi (consumo del suolo)

    • stefanodandrea ha detto:

      Grazie Nicola.
      Direi che l’indicazione di un numero di percentuale si addice più a un provvedimento del Consiglio dei Ministri che a un documento politico, che deve esprimere i principi. Il principio lo abbiamo espresso dove abbiamo scritto: “La portata dei flussi migratori deve essere determinata annualmente tenendo conto…, dei problemi connessi all’adeguamento del livello dei servizi (tecnici, sociali, infrastrutturali)…”.

  3. Francesco Quaranta ha detto:

    Sul punto 9 suggerirei che l’esame oltre che di lingua sia anche di letteratura e storia, se vogliamo che il neoitaliano condivida realmente le basi della nostra cultura e identità.
    Per quello che riguarda i criteri degli ingressi, non si potrebbe aggiungere quello della maggiore o minore “compatibilità di provenienza”, come sembra abbiano fatto in Svizzera, nel senso che un romeno o un peruviano sono più compatibili con l’identità italiana di un marocchino e di un cinese? Ed ancora perché non aggiungere o sostituire al concetto di integrazione del punto 2 quello di assimilazione, come obiettivo di lungo periodo?

  4. Giovanna Glionna ha detto:

    “Esternalità negative elevate in termini di spesa pubblica, inoltre, sono connesse al fenomeno immigratorio, e l’illusione di prospettiva del presunto sostegno dei contributi degli immigrati al sistema previdenziale è data dal fatto che siamo nei primi anni di anzianità contributiva dei medesimi. Quando otterranno il diritto alle prestazioni graveranno pesantemente sul sistema.”
    Questa parte a me non pare chiara.

  5. Alberto Terra ha detto:

    Nella parte che parla della POPOLAZIONE CARCERARIA STRANIERA sotituirei la parola “contraddizioni” con la parola “problematiche”, così:
    “Una società neoliberista, organizzata sui processi di atomizzazione, di separazione e di diseguaglianza, finisce per etnicizzare le problematiche sociali al punto che, per un immigrato irregolare, l’unica rete di riferimento è spesso quella della microcriminalità.”
    Nella parte PROFILO DI CITTADINANZA sostiuirei la parola “ideali” con le parole “principi e valori”, così:
    ” Il cittadino italiano è tale in quanto appartenente allo Stato costituzionale, ne condivide i principi e valori democratici…”
    Modificherei la PARTE 1 delle PROPOSTE per specificare meglio alcuni concetti, così:
    “Agli immigrati regolarizzati per ragioni umanitarie va riconosciuto lo stesso livello di prestazioni (sociali e sanitarie) destinato ai cittadini. Tuttavia l’impegno solidaristico non include il loro diritto al lavoro del quale, per l’articolo 4 della Costituzione, sono titolari i soli cittadini, in quanto destinatari delle sovrane politiche di piena occupazione. Agli immigrati economici con regolare permesso di soggiorno vanno, naturalmente, riconosciute le stesse retribuzioni, garanzie e tutele lavorative dei cittadini italiani.”
    Modificherei anche la PARTE 3 per le stesse motivazioni, così:
    ” Nelle attuali fasi di crisi, al fine di promuovere e difendere i diritti dei lavoratori italiani sarà necessario limitare il fenomeno immigratorio di natura economica. Saranno agevolati i ricongiungimenti familiari, qualora il richiedente dimostri di avere uno stabile reddito minimo e di poter accogliere adeguatamente la famiglia.”
    Ho modIficato anche la PARTE 5, così:
    ” Immigrazione irregolare: l’ospitalità deve garantire e soddisfare i bisogni essenziali degli ospiti rispettando un standard qualitativo di eccelllenza…”
    ” Sarà prevista l’introduzione sia di sanzioni pecuniarie onerose (decine di migliaia di euro) sia di sanzioni penali a carico di chiunque commissioni lavoro ad immigrati irregolari o conceda in locazione immobili a questi ultimi. Lo straniero regolare che violi i suddetti divieti verrà anche espulso.”

  6. Luca Cancelliere ha detto:

    Sulle esternalità negative non riguardanti la previdenza, basta guardarsi la percentuale degli stranieri sulla popolazione carceraria, o quanto costano agli Enti Locali (vedansi bilanci dei medesimi) o parlare con qualche ufficiale dei Carabinieri o dirigente della Polizia di Stato, o con qualche magistrato (o vedere le statistiche sui reati). In privato ti dicono brutalmente come vanno le cose, mentre in pubblico devono essere molto più cauti perchè il politicamente corretto non consente loro di dire come stanno le cose. Ma le statistiche restano. Sulle esternalità negative nell’ambito della pubblica istruzione, non ho ancora avuto modo di approfondire ma so che in alcune province sono pesantissime in termini di didattica, oltre che finanziarie, e a breve saprò riferire. Ma torniamo alla previdenza. L’INPS ha anche avviato gigantesche indagini su tutto il territorio nazionale sull’abuso di prestazioni (a sostegno del redito e pensionistico, di natura previdenziale o assistenziale) da parte di parenti di immigrati basate sulla falsa attestazione della residenza. Come del resto è ovvio che nella fase iniziale in cui in un sistema previdenziale entrano nuovi assicurati apparentemente le entrate aumentino, salvo poi doversi riscontrare un aumento delle spese che è fisiologico ma che nel caso degli immigrati, aumenterà in proporzione geometrica causa l’estensione dei benefici a tutto il clan familiare. Quanto al fatto che i contributi di chi ritornerà chi lo ha scritto ignora l’istituto della totalizzazione estera, che riguarda ormai, sulla base del regolamento UE e delle convenzioni internazionali, tutti i 27 paesi UE e tutti i paesi legati all’Italia da flussi rilevanti migratori in entrata e in uscita (tutti i paesi del continente americano, tutti i paesi del Mediterraneo, i principali paesi dell’Africa nera, del Medio Oriente e dell’Asia, persino la piccola Capoverde!: alla fine restano fuori praticamente pochi paesi africani e asiatici, la cui rilevanza statistica nei flussi migratori con l’Italia è nulla). Anche brevi periodi (52 mesi, cioè un anno) possono essere totalizzati, cioè valorizzati, a spese dell’INPS con il sistema del “pro rata”. So che alcuni scrivono che i contributi degli immigrati vanno persi, ma questo in base alla normativa previdenziale sopra richiamata è falso.

    • Alessandra Macchioni ha detto:

      Accade anche che la maggioranza degli extracomunitari che lavorano in Italia, dichiarando il falso, (ne ho le prove perche’ succede nell’azienda dove lavoro), ottiene le detrazioni per famigliari a carico(moglie e figli), anche se questi non risiedono in Italia..e questo succede perche’ il datore di lavoro non puo’ pretendere uno stato di famiglia delrichiedente le detrazioni, ma si deve fidare dell’autocertificazione del dipendente, e questo, a detta del professionista che ci fa le paghe, ed anche del lavoratore che lavora da noi, succede dappertutto..questo invece non dovrebbe succedere..quindi si dovrebbe pretendere, per questi casi sempre lo stato di famiglia, dando mandato al datore di lavoro di verificare tutto cio’.

  7. Luca Cancelliere ha detto:

    Al punto 1 metterei: “la Repubblica Italiana garantisce ai propri cittadini la preferenza nazionale nell’assegnazione dei posti di lavoro rispetto ai cittadini stranieri”: Poi farei alcune modifiche al punto 9. Porrei come limite minimo di anni di residenza legale in Italia per chiedere la cittadinanza non 10, ma almeno 20 anni. Non possiamo regalare la cittadinanza dopo un periodo così breve. L’ultima frase la modificherei in questo senso. Anzichè “che non abbia riportato sentenze penali di condanna. In caso contrario, la concessione della cittadinanza sarà sospesa fino all’eventuale annullamento della sentenza”, direi “che non abbia riportato sentenze di condanna e non abbia procedimenti penali in corso nel paese di provenienza o in Italia”, eliminando l’ultima parte perchè l’assenza di condanne o procedimenti penali è tecnicamente un requisito della domanda stessa.

  8. Luca Mancini ha detto:

    Favorevole all’aggiunta del termine “semplificare” al punto 6, come proposto dal socio Gian Federico e come specificato da Gianluigi Leone.
    Favorevole, inoltre, alla modifica del punto 9, sempre come proposto da Gian Federico e, parzialmente, anche da Francesco Quaranta. Mi atterrei anch’io ad un serio esame di lingua e cultura italiana (storia, letteratura etc.) con l’aggiunta di elementi di diritto costituzionale.

  9. enrico ha detto:

    Mi sembrava di avere lasciato un paio di commenti qui e che fossero stati pubblicati. Non li vedo più. Qualcuno sa dirmi che fine hanno fatto?

  10. Giuseppe ha detto:

    Al punto 9:

    – che rinunci esplicitamente a nazionalità e cittadinanze altre

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