Buon Natale Massimo D'Alema!
di Lorenzo D’Onofrio (ARS Abruzzo)
29 ottobre 1992: l’Italia entrava nell’inferno di MAASTRICHT!
Un giovedì di fine ottobre come tanti, in un clima di grande indifferenza (questa la prima pagina de L’Unità il giorno seguente, questo il trafiletto di copertina del Corrriere della Sera) il Parlamento italiano condannava a morte la Costituzione economica del Paese, compromettendo, come emerge oggi con drammatica evidenza, il futuro di intere generazioni.
Così iniziava il deprimente resoconto su La Repubblica di una giornata che avrebbe cambiato in maniera dirompente la storia del Belpaese: “Quinto tra i paesi europei ieri l’Italia ha ratificato il trattato di Maastricht sull’Unione europea. Il risultato finale del voto alla Camera (403 voti favorevoli, 46 contrari e 18 astenuti) è stato giudicato “incoraggiante” dal ministro degli esteri Emilio Colombo, anche se l’esito positivo era ampiamente scontato, dopo che anche la Lega si era pronunciata a favore dell’Europa. Ma molto meno incoraggiante è stato il modo di approvazione del trattato e il clima che si respirava a Montecitorio… ieri i parlamentari nei loro capannelli parlavano di tutt’ altro. Chi della direzione del proprio partito, (quella Pds del giorno avanti, quella socialista che si tiene oggi, quella democristiana che avrebbe potuto essere e non è stata) chi delle nomine bancarie, chi della Rai da commissariare. La parola ‘Maastricht’, era difficile da captare nell’aria, mentre è stato possibile cogliere al volo un “ma che si vota oggi?”. E se ieri il voto ha richiamato in Parlamento un numero notevole di deputati, non si può nascondere che nei giorni scorsi, durante il dibattito di merito a qualche deputato è capitato di parlare all’aula deserta“.
Lo sconforto nel prendere atto del colpevole disinteresse manifestato senza vergogna, in un cruciale passaggio della nostra storia, da buona parte di quella “nuova” classe politica uscita fuori dal “tumulto” di Tangentopoli e dalle stragi di Capaci-Via D’Amelio, diventa disgusto non appena ci si addentri nella lettura di quello che fu il dibattito parlamentare sulla ratifica del Trattato.
Non mancarono, a dire il vero, alcune voci critiche verso il modello di integrazione europea che si stava realizzando, anche in virtù di “un certo fumus complessivo di incostituzionalità, riferito all’articolo 11 della Costituzione“.
Ovviamente prevalse senza difficoltà la linea di chi, come l’allora ministro degli esteri Emilio Colombo, ribadì: “il trattato di Maastricht, nei suoi limiti, esprime un passo in avanti considerevole rispetto al nostro comune ideale di unione europea. Sarebbe un dato disgregante in questo momento se, in vista del meglio, noi non accettassimo tutto ciò che faticosamente è stato fin qui conseguito“.
Fra gli interventi spicca per “saggezza” quello di un tal On.le Massimo D’Alema (pagina 5353) il quale, sulle orme di quel Giorgio Napolitano profetico nel denunciare, nel 1978, il suicida ingresso dell’Italia nello SME, dimostrava di ben conoscere il pericolo di una deriva neoliberista e mercantilista verso la quale si stava spingendo il Paese.
L’On.le D’Alema denunciava, infatti, l’INADEGUATEZZA del Trattato e in particolare:
– “l’inadeguatezza di un’idea dell’Europa fondata sulla preminenza delle istituzioni monetarie e sulla illusione che l’integrazione economica possa affidarsi ai puri e semplici meccanismi del MERCATO“;
– “l’inadeguatezza di un processo di unità fortemente condizionato in questi ultimi anni dal prevalere delle posizioni NEOLIBERISTE e MONETARISTE“.
L’On.le D’Alema metteva l’accento su 3 grosse lacune del modello Maastricht, ponendo 3 questioni:
1) “l’opzione DEMOCRATICA, per colmare un vuoto di controllo e di potere democratico europeo“;
2) “l’opzione SOCIALE, per mettere al centro di un processo di unità europea la tutela e l’espansione dei diritti sociali comuni“;
3) “l‘opzione PACIFISTA“, nel segno di “un grande paese che nella sua Carta costituzionale ripudia la guerra come mezzo di soluzione delle controversie internazionali“.
L’On.le D’Alema concludeva, quindi, ribadendo:
“NOI SENTIAMO VIVISSIMA LA PREOCCUPAZIONE DI UNA EUROPA DOMINATA DA INTERESSI FORTI, SCARSAMENTE DEMOCRATICA, DIVISA TRA AREE RICCHE E TRAINANTI E AREE MENO SVILUPPATE E SUBALTERNE“.
Tuttavia l’On.le D’Alema preannunciava il voto favorevole dell’allora Partito Democratico della Sinistra, in quanto una mancata ratifica del tratatto di Maastricht avrebbe significato “la sanzione di una SCONFITTA“.
L’On.le D’Alema condannava quindi il suo Paese al rischio di soggiacere a “UNA EUROPA DOMINATA DA INTERESSI FORTI, SCARSAMENTE DEMOCRATICA, DIVISA TRA AREE RICCHE E TRAINANTI E AREE MENO SVILUPPATE E SUBALTERNE“, poichè non era possibile accettare una sconfitta!
Sconfitta, è strano come questa parola riecheggi, dopo oltre 20 anni, nelle recenti dichiarazioni di Stefano Fassina (fino alla scorsa settimana responsabile economico del PD), chiarendone il significato e certificando, alla luce della ormai prossima implosione di quell’unione monetaria a Maastricht delineata, la morte del suo partito: “uscire dall’Euro sarebbe una SCONFITTA storica per il PD“. L’immagine sotto è emblematica e spiega meglio di ogni parola cosa intenda Fassina. Resta da chiedersi quale sia il costo che questa classe politica voglia far ancora sopportare al proprio Paese, in nome di una scelta sbagliata e di una sconfitta da non accettare.
Resta da chiedersi anche quali possano essere state le motivazioni che hanno spinto questa classe politica a perseguire un progetto fallimentare, nonostante la consapevolezza di enormi falle nell’architettura che si andava realizzando (come quelle che l’On.le D’Alema evidenziava con il riferimenfo alle 3 opzioni: democratica, sociale e pacifista).
Resta da chiedersi se quell’On.le Massimo D’Alema più volte citato sopra, quello dell’opzione pacifista nel segno di “un grande paese che nella sua Carta costituzionale ripudia la guerra come mezzo di soluzione delle controversie internazionali“, sia solo un omonimo di quello che nel 2009 negava ogni pentimento per il bombardamento di Belgrado di 10 anni prima, sostenendo: “Continuo però ancora oggi a pensare che non era necessario bombardare Belgrado. Penso che ci voglia sempre una misura e una intelligenza nell’uso della forza, ma difendo il principio secondo cui ci sono momenti in cui è inevitabile, quando si tratta di difendere valori come i diritti umani, che non possono essere accantonati nel nome della sovranità nazionale“.
Resta da chiedersi se quell’On.le Massimo D’Alema, quello che nel 1992 metteva in guardia il Parlamento circa il pericolo di una “DISTORSIONE IN SENSO NEOLIBERISTA DEL PROCESSO DI UNITÀ EUROPEA“, sia lo stesso (ma io credo che sia solo un omonimo) che è possibile vedere ed ascoltare in questo sconcertante filmato:
Se fosse la stessa persona, questo documento sarebbe la prova inconfutabile di un tradimento e il personaggio in questione sarebbe inesorabilmente destinato ad essere condannato dalla Storia.
Ma sono sinceramente convinto che non possa essere lui, per cui BUON NATALE anche a te, Massimo D’Alema!
CI LIBEREREMO!