PERCHE' RICONQUISTARE LA SOVRANITA'

 

Stefano D’Andrea

1. La disciplina costituzionale dei rapporti economici è un’ancora di salvezza per tentare di uscire dalle tre crisi che attanagliano l’Italia: la crisi della produzione; la crisi della distribuzione; la crisi culturale e addirittura antropologica.

L’ARS muove dalla convinzione che l’euro sia stato un errore tecnico, oltre che politico: ha impoverito non soltanto i lavoratori dipendenti, bensì anche molte imprese italiane. Si tratta di un’opinione ancora largamente minoritaria, la quale, tuttavia, va diffondendosi, perché la barriera della menzogna, eretta dai media mainstream, è stata forata in più parti dalle avanguardie del popolo italiano e perché la spietatezza dei crudi fatti e le crisi della produzione e della distribuzione della ricchezza hanno oggettivamente suscitato in molti cittadini almeno il dubbio sulla sostenibilità della moneta comune.

Tuttavia, l’ARS sostiene una posizione più avanzata rispetto a quella di coloro che si limitano a constatare il fallimento dell’euro e, quindi, gli squilibri e l’impoverimento che la moneta comune ha generato. L’errore tecnico dell’euro si colloca in un quadro di politiche giuridico-economiche le quali, negli ultimi venticinque anni, hanno spostato ricchezza: i) dal lavoro subordinato al capitale; ii) dalla piccola impresa , dal piccolo commercio  e dai professionisti alla grande impresa produttiva, alla grande distribuzione e ai grandi studi professionali, i quali sono imprese; iii) dal capitale produttivo al capitale finanziario; iv) dal capitale finanziario che eroga prestiti alla produzione al capitale finanziario che eroga prestiti al consumo; e v) finanche dal capitale finanziario che eroga prestiti al capitale finanziario che gioca sui valori di titoli e che compie vere e proprie scommesse su solvibilità di stati e sul livello dei tassi di interesse o degli indici di borsa ( i cosiddetti derivati).

Insomma dai salari e dai redditi da lavoro ai profitti; dai profitti alle rendite; dalle rendite alle vincite. E’ il capitalismo caos e casinò

2. L’abbinamento del vincolo della “moneta comune”, che non è moneta italiana, e dei vincoli globalisti – libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone; imposizione fanatica della concorrenza e tendenziale divieto dei monopoli pubblici – ha generato, come era naturale, indebitamento privato (in buona parte verso l’estero), difficoltà specifiche in alcuni settori del commercio e dell’impresa, bolle (finanziaria, immobiliare, del credito al consumo),  delocalizzazioni, disoccupazione, e deflazione salariale – all’interno del sistema dell’Unione europea e del WTO, la deflazione salariale è oggettivamente l’unico strumento per “competere”.

Perciò, a differenza della maggior parte dei contestatori dell’euro, l’ARS riconosce che i fenomeni della deflazione salariale, della crescita dell’indebitamento privato (di famiglie e imprese), della trasformazione dei debiti privati delle banche in debiti pubblici, delle delocalizzazioni, della disoccupazione e della sotto-occupazione crescenti si sono verificati anche in ordinamenti giuridico-economici che non hanno adottato la moneta comune (per esempio in Gran Bretagna) e negli Stati Uniti. Pressoché tutti i paesi della triade – USA, Unione europea, Giappone -, con la parziale esclusione dei paesi che hanno potuto avvantaggiarsi di condizioni particolari (la Germania ha approfittato dell’introduzione dell’euro a scapito dei paesi del sud Europa) soffrono da tempo di bassa crescita, di disuguaglianze sociali crescenti tra i percettori di redditi da lavoro e di redditi da capitale (rendite e profitti), e  di disoccupazione, celata nelle statistiche dalla sotto-occupazione, ormai fenomeno strutturale in molte delle economie della triade.

3. Non si tratta di “crisi del capitalismo” o di “crisi globale”. Nell’ultimo quinquennio, un numero molto elevato di ordinamenti giuridico-economici estranei alla triade ha visto aumentare il PIL con medie che variano dal 4% al 9% (dal Brasile, all’India; dall’Argentina alla Cina, dal Vietnam al Libano, dall’Angola alla Russia; dall’Indonesia alla Bielorussia; e via continuando). La crisi è crisi dei sistemi giuridico-economici capitalistici dei paesi con economie “avanzate” (verrebbe da dire: marce). Essi sono ordinamenti capitalistici di mercato o comunque sono ordinamenti che nell’ultimo ventennio , in alcuni casi nell’ultimo trentennio, hanno subito trasformazioni da forme di capitalismi di stato, quali erano, a forme di capitalismi di mercato, quali stanno diventando o sono diventati.

L’Associazione Riconquistare la Sovranità propone di invertire la rotta.

4. Tutti i provvedimenti proposti dai movimenti di contestazione in questi ultimi anni implicano che l’Italia arresti, per quanto la riguarda, il processo di globalizzazione e scelga la strategia della de-globalizzazione. De-globalizzare  significa che l’Italia deve sottrarsi ai vincoli posti dall’Unione europea e dal WTO. Si tratta del punto nevralgico, non spiegabile in poche battute. Ad esso dedicheremo numerosi articoli e riflessioni. Per ora ci limitiamo ad esprimere l’assunto. Senza sottrarci ai vincoli dell’Unione europea e del WTO, non è possibile promuovere la piena occupazione; alzare i salari; proteggere il piccolo commercio e la piccola impresa; ridurre le importazioni di beni alimentari; sviluppare la produzione interna di beni che importiamo e che sapremmo produrre; evitare la distruzione della nostra agricoltura; aumentare gli addetti a quest’ultimo nobile settore economico; rendere interno il debito pubblico; pagare tassi di interesse sul debito pubblico bassi, perché protetti da una banca centrale nazionale non autonoma; nazionalizzare le grandi banche commerciali e separare queste ultime dalle banche d’affari; sottrarci al potere del capitale marchio; limitare il potere della pubblicità e i costi e gli ingiusti profitti che essa genera; eliminare le forme di lavoro servile che si sono andate diffondendo; vincolare il risparmio italiano a investimenti in Italia; limitare le delocalizzazioni; ridurre e limitare l’indebitamento delle persone e delle famiglie; promuovere filiere corte e mercati locali; in generale, costruire un’economia sociale e popolare a dimensione umana.

Nel Documento di Analisi e Proposte politiche e nel Progetto dell’Associazione Riconquistare la Sovranità – entrambi i documenti sono pubblicati sul sito dell’ARS –  sono tracciate le linee guida e la strategia paziente da seguire.

5. L’insistenza sulla crisi della produzione e sulla crisi della distribuzione della ricchezza non sta a significare che l’ARS si disinteressi della crisi culturale e antropologica del popolo italiano. Siamo anzi consapevoli che questa è la crisi di gran lunga più importante.

Intanto, la crisi della distribuzione della ricchezza, essendo crisi della giustizia, è già crisi di civiltà. Qui materia e idea si legano inscindibilmente. La civiltà di una società non è scindibile dalla giustizia dei rapporti economici. Siamo diventati una società che accetta troppo facilmente disuguaglianze, ingiustizie e lavoro servile.

Anche la precarietà del lavoro subordinato e la promozione della libera circolazione delle persone sono nel medesimo tempo elementi di un rapporto giuridico-economico e segno di degrado civile. Altro è la precarietà e la disponibilità ad allontanarsi dalla propria terra per scelta volontaria: per tentare una carriera o per formare un bagaglio di esperienze che sarà utile in un’arte o in un mestiere autonomo: elementi sovente positivi e fortificanti. Altro è la precarietà generale, cantata in nome della “flessibilità” e imposta a tutti i lavoratori subordinati, in abbinamento con la promozione della libera circolazione delle persone. Quest’abbinamento è scelta di sradicamento, promozione di instabilità psicologica, è attacco alla famiglia (crea difficoltà a chi desideri costruirne una stabile) e quindi è imposizione dell’individualismo. Ed è, ovviamente, sfruttamento.

Più in generale, viviamo soggetti a un perenne diluvio di pubblicità, immersi in informazioni e spettacoli regalatici dal grande capitale (chi sa perché il capitale marchio paga per intrattenerci ed informarci?); con i bambini cacciati dalle strade e dai vecchi campi – piene di autovetture le prime e di cemento i secondi. I bambini sono divenuti il primo bersaglio del capitale marchio.

Le scuole non insegnano più materie e non sono più serie, ossia giustamente severe: sono divenute luoghi in cui si “progetta” e si collegano nozioni tratte da materie diverse (la tanto amata e in realtà pietosa “interdisciplinarietà”). Le università attirano studenti mediante forme svariate di pubblicità e divengono facili laureifici, perché prendono fondi anche in base al numero basso degli studenti fuori corso. I docenti universitari sono stati collocati “sul mercato”, a elemosinare pochi fondi presso enti e associazioni: cercare fondi è divenuta la principale attività del docente; o meglio è l’attività promossa dal legislatore.

Alcuni dei mali segnalati sono strettamente connessi alla disciplina dei rapporti giuridico-economici; altri soltanto indirettamente, perché sono il frutto di processi culturali molto complessi. Ma alla resa dei conti, soltanto riprendendo il controllo della produzione e della distribuzione, è possibile pensare di porre rimedio alle degenerazioni culturali, tutte direttamente o indirettamente riconducibili alla promozione del turbocapitalismo globale e finanziario. Senza riprendere nelle nostre mani il destino, ossia senza riconquistare il potere di dirigere e programmare produzione e distribuzione della ricchezza, è possibile soltanto un lieve miglioramento dei profili ideali, culturali e ambientali.

Dunque, riconquistare la sovranità anche e soprattutto per tentare di edificare una diversa, migliore e magari grande civiltà.

02.06.2012

 

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4 risposte

  1. Pasquale Messali ha detto:

    Sono d’accordo sulla riconquista della sovranità italiana, ma mi interessa molto anche la riconquista della sovranità del popolo contro la dittatura dei partiti e delle istituzioni che un tempo erano definite democratiche.

  2. stefanodandrea ha detto:

    Pasquale, la sovranità nazionale è l’involucro della sovranità del popolo. Tu dici che c’è stata una dittatura dei partiti e delle istituzioni un tempo definite democratiche.
    Io ho un’opinione un po’ diversa. Penso che quelli che hanno operato negli ultimi venti anni non sono stati partiti (salvo, forse, la lega; ma i fatti recenti dimostrano che nemmeno essa era un vero partito). I cittadini si sono infischiati della politica. Hanno preferito, dopo il lavoro, andare in palestra, anziché in sezione o in federazione. E anziché dedicare il sabato alla militanza, rischiando di far imbestialire il coniuge, hanno preferito accompagnare quest’ultimo al centro commerciale. I risultati del nostro comportamento sciagurato sono sotto gli occhi di tutti. Noi cittadini non abbiamo nemmeno delegato, perché la delega implica un controllo. Abbiamo lasciato fare. Abbiamo smesso di adempiere i nostri doveri di cittadini. Ci siamo afflosciati sui divani a “vedere” dialoghi insulsi e insignificanti, mentre saremmo potuti andare alla ricerca di opinioni eterodosse e aggregarci intorno a idee diverse da quelle dominanti.
    Su questo punto tornerò. Però mi permetto di consigliarti di leggere la meravigliosa lettera agli amici di Giacomo Ulivi (la trovi in rete),inserita nella raccolta delle “Lettere dei condannati a morte della resistenza”, il quale con profondità inaudita dava proprio agli italiani le colpe di ciò che era accaduto nel ventennio. Le analogie sono impressionanti. Mi hanno insegnato a non prendermela mai con gli altri se prima non ho svolto una profonda analisi su ciò che io ho sbagliato. Le cose sono andate male e anzi malissimo. Intanto cambiamo noi e (ri)cominciamo a MILITARE. Ridiventiamo cittadini italiani. Altrimenti siamo condannati alla schiavitù, all’ingiustizia e comunque, anche chi abbia la ventura di sfuggire alle difficoltà economiche, alla barbarie civile e culturale. Militare significa fondare o aderire e partecipare a gruppi politici. Schierarsi. Nel nostro caso divenire Sovranisti e cercare di essere Patrioti.
    Grazie e resta con noi. Abbiamo bisogno di te. E ci auguriamo che tu avverta il bisogno di noi

  3. riccardo ha detto:

    Sono d’accordo con te Stefano,d’altra parte ogni popolo ha il governo che
    si merita,quindi tutti siamo responsabili e come tali possiamo scegliere
    se,finalmente,impegnarci in prima persona o no.Ben venga quindi la vostra
    associazione.I tempi credo siano maturi.

  4. riccardo ha detto:

    la vera sovranità da riconquistare è quella militare.
    è inconcepibile che siamo un Paese satellite di una grande potenza convinti di essere un Paese libero.

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