Per l'indipendenza della grande patria mediterranea

L’Italia può fare a meno dell’Unione Europea. Ma non può rinunciare al Mediterraneo.

Al mare che la circonda per quasi ottomila chilometri l’Italia è legata in una comunità di destino e deve forse il suo stesso nome: Atalu, “terra del tramonto” nella lingua semitica parlata da ignoti navigatori medio-orientali del III millennio a. C.

La decadenza dell’Italia, cominciata con l’età moderna e con il declino del Mediterraneo, terminerà con la fine della modernità e con la rinascita del Mediterraneo. L’Italia ridotta a provincia periferica dell’impero atlantico risorgerà dal e nel Mediterraneo. A sua volta, il Mediterraneo ha un debito di non poco conto nei confronti dell’Italia, e di Roma in particolare, centro di irradiazione ecumenica delle grandi civiltà nate sulle sue rive.

Ma questo fa parte del passato indimenticabile.

Oggi gli uomini del Mediterraneo ingrossano le file dei dannati della terra, oppressi da un mostro a tre teste: neoliberista in Europa meridionale, modernista in Nord Africa (di qui la reazione wahabita e salafita), sionista nel Levante. Nessuna di queste distorsioni mentali è autoctona. Ma tutte e tre, in compenso, attentano con violenza inaudita alla cultura di popolazioni che si conoscono, si incontrano e – fecondamente – si scontrano da millenni. Genti che nelle varianti di un unico idioma fondamentale esprimono l’identica gioia di vivere fuori dai dettami del profitto e dell’utile.

Nei porti e nelle piazze del Mediterraneo i princìpi del più sano relativismo culturale e della tolleranza sono stati inventati e messi in pratica secoli prima che li formulassero gli illuministi. Le civiltà mediterranee hanno plasmato uno spazio comune dal volto inconfondibile, che non ha pari in nessun’altra macroregione del globo per concentrazione di opere d’arte. Questo spazio ha radici molto solide e più profonde delle ovvie differenze sociali, economiche, religiose. Il piacere della convivialità, dell’otium contemplativo e della bellezza, la ricerca dell’equilibrio fra gli estremi, che confligge frontalmente con l’inclinazione ‘oceanica’ per l’informe e per la violazione di ogni limite, sono doni elargiti nella stessa misura a Napoli come a Tunisi o a Giaffa.

L’intera storia del Mediterraneo è compendiata nei poemi di Omero.

Sotto le mura di Troia lottano due popoli fratelli, con la stessa lingua e con gli stessi dèi: l’Iliade è il racconto di una guerra civile, come tutte le guerre combattute sulle sponde di questo mare. All’etnologia del Mediterraneo nel suo insieme va esteso ciò che Omero dice a proposito di Creta: “vi vivono / molti popoli, un numero enorme: novanta città! / Le lingue sono mescolate le une alle altre: gli Achei, / gli Eteocretesi generosi, i Cìdoni, / le tre stirpi dei Dori e i Pelasgi gloriosi”.

Queste parole non descrivono soltanto la normalità di un’epoca remota. Esse suonano anche di buon auspicio per il futuro, perché nel cerchio del tempo il principio e la fine coincidono. L’indipendenza dell’Italia significherà simultaneamente indipendenza del Mediterraneo. E viceversa: il mare libererà l’Italia, restituendole prestigio, memoria, coraggio.

Quanto è diversa e lontana da Bruxelles, infine, la città santa, la ‘capitale’ e il simbolo della nazione mediterranea: Gerusalemme!

 

 

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Una risposta

  1. Durga ha detto:

    Sara’, ma adesso nel Mediterraneo non ci sono solo Greci e Latini. Il mondo mediterraneo tende ad essere dominato da salafiti ed estremisti simili, magari foraggiati da note potenze atlantiche, ma che minacciano i NOSTRI confini. E a Gerusalemme ci sono due popoli pronti a scannarsi. Forse tra 100 o 200 anni sara’ diverso. Per ora l’unica presenza un po’ meno inquietante e’ quella delle poche (troppo poche) navi russe.

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