Lettera del socio dell'ARS Giovanni Muzii ad Abruzzo Web
PESCARA – Riceviamo e pubblichiamo la lettera indirizzata al nostro giornale da Giovanni Muzii, 23enne pescarese, studente di Giurisprudenza all’università Cattolica di Milano.
Muzii ha da poco aderito, insieme ad altri tre ragazzi di Pescara, all’Associazione riconquistare la sovranità (Ars), la cui ‘costola’ pescarese è stata presentata lo scorso 24 novembre dai primi soci (oltre a Muzii, Lorenzo D’Onofrio, Andrea Franceschelli e Gianluca Baldini) alla presenza del presidente dell’Ars nazionale Stefano D’Andrea.
IL TESTO DELLA LETTERA DI MUZII
La gravissima condizione nella quale il nostro Paese versa da alcuni anni è diversa, nelle cause e nelle conseguenze, da qualsiasi altra si sia mai verificata. L’inazione non è giustificabile né ammissibile.
Quest’ultima motivazione mi ha portato ad iscrivermi all’Ars, creando in tal modo una sezione pescarese.
Sono uno studente universitario di 23 anni, dunque avverto come dovere civico e imperativo morale di sapere delle cose del mondo. Tento spesso, con successi alterni, di trasmettere la stessa curiosità anche al prossimo. Per me l’adempimento a questo dovere è iniziato qualche anno fa, quando mi interessavo ai problemi che, molto ingenuamente (o per deliberata ignoranza), in generale si pensava fossero causa dei mali del Belpaese: un capo del Governo incapace e ridicolo e i suoi grotteschi vassalli.
Fortunatamente, una grezza coscienza critica che la mia mente imparava in quel periodo a esercitare mi portò alla consapevolezza che non poteva essere questa la spiegazione, poiché troppo semplicistica e riduttiva, per quanto giusta.
Incidentalmente, qualche lettura su argomenti economici ampliò la portata del mio sguardo. Da allora non ho mai smesso di approfondire e cercare di apprendere sempre più nozioni e dettagli, cercando di valutare criticamente qualsiasi fonte.
Dei tecnicismi economici per i quali l’Unione Europea sia devastante per il benessere e l’economia del nostro Paese non parlerò: numerosissime persone molto più brave di me l’hanno già fatto e continuano a farlo assai meglio del sottoscritto.
Le mie conoscenze di economia sono ancora scarse e acerbe, e le pagine, di voci autorevoli, sulle quali studiare abbondano per chi ne ha voglia; come continuiamo a fare i miei compagni di viaggio, ormai carissimi amici, di Pescara e io, insieme a tante altre persone, in numero sempre maggiore, sparse per la penisola.
Sono fermamente convinto che il conflitto, nel momento storico presente, sia ideologico e politico prima che economico.
È dunque necessario recuperare politica nel suo significato sostanziale, e nobilitare questa attività che ormai di nobile ha ben poco. Il fraintendimento per il quale essa è una cloaca fetente dalla quale tenersi a distanza deve essere superato: è in verità il mestiere di condividere valori ed esperienze con altri nostri fratelli, e di farsi carico dei bisogni del corpo sociale.
Sembra che ormai l’economia prevalga sulla politica. Un errore madornale: se difatti la seconda non contiene e guida la prima per fini sociali quali l’accrescimento di un benessere che sia democratico, quest’ultima si trasforma davvero in libero mercato, con le conseguenze drammatiche che molti di noi, o di nostri prossimi, loro malgrado sperimentano direttamente.
È il crimine ideologico del darwinismo sociale, della soppressione del debole per il forte, della ricchezza reale per quella finanziaria. Sono i pochissimi che prevaricano i molti; lo stato sociale, nato col sangue di chi si è sacrificato per donarlo ai propri figli, rimpiazzato dalla economicizzazione dei bisogni della persona per trarne profitto e renderne, come effetto inevitabile, più difficile la soddisfazione. In una parola: privatizzazione. Tutto questo è l’Unione Europea, moderno leviatano che impone ai popoli, attraverso organi politici non eletti dai cittadini che vi sottostanno, la rinuncia alla propria autodeterminazione in nome dell’incontrollato flusso di capitali in uno spazio privo di barriere e criteri.
La disgustosa efferatezza di rendere sempre più elitarie e inaccessibili l’istruzione e la cura sanitaria, nonché di svuotare del proprio contenuto il diritto al lavoro, è un delitto che la storia, degli insegnamenti della quale dobbiamo fare tesoro e non trascurare, certamente condannerà.
Non per questo possiamo esimerci dal contrastarlo ora.
Gli strati medio e basso delle società dell’Europa meridionale, nel male che li accomuna, stanno stringendo un tacito patto di fratellanza. L’apatia indotta nei nostri corpi da un benessere scandalosamente eccessivo è un cancro che dobbiamo estirpare con le nostre stesse mani. L’individualismo è controproducente, il disinteresse imperdonabile. Questa Unione Europea e la nostra Costituzione repubblicana sono incompatibili in quanto fondate su ideologie antitetiche: l’una capitalista ed elitaria, l’altra socialista ed egualitaria. Posizioni intermedie sono inaccettabili.
Riconquistare la sovranità nazionale, sia politica che economica, attraverso l’impegno fisico e la militanza, è lo scopo dell’Ars.
Ho deciso di unirmi a questa associazione condividendone in pieno l’analisi e il fine, nonché l’amore per la politica che desidero rinasca a partire dai nostri giorni. Gli errori di malcostume nei quali il Paese è incorso in passato, e che certo commette tuttora, non sono una scusa per delegare a governanti sovrastatali che noi ignoriamo il nostro autogoverno e la cura dei bisogni del nostro territorio e della nostra comunità.
Devono anzi essere la maggiore motivazione per spingerci a migliorare nei tempi che verranno. Nel corso dei secoli si è chiamato schiavo un popolo, o un individuo, al quale non era dato di decidere del proprio futuro in quanto soggiacente ad un altro.
Si sappia che schiavi non si diventa perché si perde una battaglia su un campo, ma anche per altre vie.
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