Dal commissariamento euroatlantico alle dismissioni
Dal commissariamento euroatlantico alle dismissioni:
nuova tappa per la colonizzazione dell’Italia
L’Italia precipita sempre più in una spirale di tipo greco. Anche da noi, ormai, si parla di passare ad una (s)vendita in grande stile del patrimonio pubblico e degli “asset” strategici molto più di quanto si sia fatto sinora. Peraltro è da rilevare, ammessa e non concessa questa ricetta predatoria dell’ideologia euroatlantica dominante, che le massicce privatizzazioni avviate da un ventennio non hanno modificato l’ammontare del debito estero italiano, che anzi ha continuato a crescere nel tempo raggiungendo il suo massimo storico in questi giorni. Tutte le misure euroatlantiche, imposte al nostro paese e messe in atto dai ceti politici servili di riferimento avvicendatisi all’amministrazione di questo paese, hanno in modo specifico aggravato la situazione economica e sociale. La perdita dei residui margini di sovranità politica del nostro paese (moneta, liberalizzazione dei movimenti di capitale, ecc.) ha trasformato il debito/credito pubblico (che è problema molto relativo…) in debito estero (che è una condizione capestro determinata per vincolare permanentemente un paese). Il debito estero che si è prodotto con i Trattati Europei e l’imposizione della moneta coloniale (euro) è un’arma imperialista collaudata in Africa ed America latina, che negli anni ha portato a un colonialismo a tutto campo e a miserie generalizzate. Chi ne è uscito, lo ha potuto fare per via politica, riprendendo in mano la rivendicazione della sovranità della propria nazione e lottando.
Oggi ci troviamo in una fase avanzata di un processo di indebitamento, strutturalmente insolvibile, in cui il federalismo demaniale ha rappresentato un passaggio significativo nell’appropriazione privata e/o estera dei beni pubblici e collettivi ( 27 luglio 2010 : http://indipendenza.lightbb.com/t629-federalismo-e-svendita-dei-beni-pubblici ). L’economista e (geo)politologo Edward Nicolae Luttwak, una delle voci del padrone (anche) di questo paese (gli Stati Uniti), che sovente trova spazio su giornali e trasmissioni radiotelevisive, più volte ha parlato della necessità e inderogabilità di una massiccia ed estesa dismissione del patrimonio pubblico italiano. Significativa una sua dichiarazione del gennaio scorso: «L’Italia ha un patrimonio immobiliare immenso, penso allo Stato, ma anche a Comuni, Province e Regioni. L’Italia dovrebbe affidare tutto ad una gestione professionale privaty-equity. E le cose cambierebbero davvero. Insomma, non basta svendere Telecom. Vendi Pompei a Disneyland e incassi tanti di quei milioni di euro per cui quell’immenso patrimonio ti rende e non diventa una passività. Vendi Villa Rosebery. Vendi l’Eni».
Niente di nuovo, comunque. Senza farne parola sui grandi mezzi di comunicazione –solo per fare degli esempi– nei mesi scorsi una porzione dell’Isola di Santo Stefano è stata venduta all’asta. Con 90mila euro, anziché comprare dei box, il solo imprenditore presente all’asta ha comprato alcuni ettari di macchia mediterranea, ivi connesse rocce di granito e spiaggia privata. Poco più di un anno fa era stata la volta di diversi ettari dell’isola di Spargi, autentico angolo di Paradiso inserito nel Parco Nazionale de La Maddalena, finita in mani private per 127mila euro. A fine 2010 (vedi “Indipendenza” n. 29, versione cartacea) erano migliaia e migliaia i beni pubblici messi in vendita dall’Agenzia del Demanio. Un elenco via via aggiornato ( http://www.agenziademanio.it/export/demanio/index.htm ) di immobili vari, porti, aeroporti, parchi, acquedotti, isole, montagne, messi sul mercato.
In queste ore è un accavallarsi di proposte di (s)vendita del patrimonio pubblico (piano Amato-Bassanini, piano Ceriani, piano Giavazzi, piano Grilli, piano Alfano-Berlusconi e via banchettando) dietro cui si muovono appetiti economico/finanziari e interessi geopolitici che, in ultima istanza, mirano all’acquisizione degli ultimi “asset” strategici del Paese. Defraudare un Paese degli snodi decisivi di sovranità politica, economica, finanziaria che possano consentire di costruire una qualsivoglia politica indipendente è l’obiettivo strategico –di ieri, di oggi, di domani– di ogni potenza coloniale e/o imperialista. È interesse delle classi dominate di questo paese impugnare la bandiera della sovranità nazionale, costruire resistenza conseguente, attrezzarsi come movimento di liberazione. Altrimenti la macelleria sociale, che con i suoi “stop-and-go” stanno attuando, proseguirà sino a riportare l’Italia ad una “espressione geografica” e le sue genti a condizioni da colonia africana.
Indipendenza
10 agosto 2012