Bellofiore e i sovranisti
Si membrum rupsit, ni cum eo pacit, talio esto.
Riccardo Bellofiore, in 100 tweet sulla crisi, scrive:
“95. Nel caso di una rottura dell’euro, ben possibile, una via di sinistra esiste solo lungo questo percorso. Altrimenti, il richiamo alla sovranità monetaria – che molti economisti di sinistra corteggiano, quando non cavalcano – sarà il richiamo del sovranismo. E non è un bel richiamo“.
Non siamo davanti a un’espressione di “razzismo ideologico”, al quale si reagisce necessariamente con un razzismo contrario e in quantità doppia. Né dalla frase di Bellofiore trasuda una sola goccia di moralismo (pretesa superiorità morale delle posizioni non sovraniste), al quale si replica opportunamente con un moralismo ancora più violento e sprezzante. Tuttavia, Bellofiore pone chiaramente una barriera di rigida separazione: da un lato la sinistra radicale, da un lato il sovranismo, parola che racchiuderebbe proposte politico-economiche-strategiche che non andrebbero nemmeno richiamate, perché non sarebbero “un bel richiamo”.
Come reagire a questa legittima ed educata presa di posizione verso una linea politica – di analisi e di volizioni – che sta appena facendo capolino e nei confronti della quale Bellofiore potrebbe essere persino pre-venuto e non del tutto informato?
Il modo migliore è riconoscere la barriera da altri creata. Farla nostra. Della sinistra radicale ci interessa soltanto la parte sovranista. La parte non sovranista non va combattuta, considerato che sono i globalisti più deboli e insignificanti: va ignorata. Non abbiamo alcun interesse a dialogare con la sinistra radicale non sovranista, alla quale ci sentiamo di comunicare una previsione: tra quindici anni i sovranisti saranno in Italia la maggioranza assoluta, mentre la sinistra radicale non sovranista sarà scomparsa da tempo e per sempre.
Stefano D’Andrea, da Appello al Popolo