Note sull'indipendenza della banca centrale

“Com’è noto, l’indipendenza della Banca Centrale è stata nell’ultimo trentennio sostenuta e in larga misura realizzata in virtù della convinzione pressoché universalmente condivisa che la politica monetaria non ha effetti reali nel lungo periodo e che la sua gestione debba essere affidata ad un organismo tecnico mirante a realizzare, al riparo da interferenze politiche, obiettivi di stabilità monetaria attraverso l’impiego di regole stabilite a priori.
Ebbene, indipendentemente dal giudizio che si possa dare circa la plausibilità dell’idea che la politica monetaria sia neutrale nel lungo periodo, l’impiego di regole stabilite a priori avrebbe di fatto condotto nell’attuale contingenza al collasso del sistema. Ma una volta che si riconosca che dosi massicce di discrezionalità – non regole – dovevano necessariamente informare l’azione della Banca Centrale, le giustificazioni della sua indipendenza risultano inevitabilmente compromesse – tanto più compromesse quando si tenga conto del tipo di interventi che l’esercizio di questa discrezionalità ha suggerito(21). Ci riferiamo, in particolar modo, alla questione del se e a favore di chi intervenire, come pure agli ostacoli che gli interventi hanno apposto al potere disciplinare della concorrenza nel settore finanziario, sino a consentire la sopravvivenza di istituzioni private ‘troppo grandi per fallire’.

Oggi è forte la tentazione di difendere l’indipendenza politica della Banca Centrale, invece che restringendone il campo di applicazione, estendendolo sino ad includere l’obiettivo della ‘stabilità finanziaria’, da intendersi in un duplice senso: da un lato, come ricordato all’inizio di questo saggio nel discutere le interpretazioni della crisi, utilizzando il tasso di interesse come strumento di controllo non solo della dinamica dei salari monetari e dei prezzi dei beni, ma anche della dinamica dei prezzi delle attività reali e finanziarie; dall’altro, sostenendo, attraverso l’apertura di linee di credito potenzialmente illimitate, istituzioni finanziarie a rischio di fallimento ma che ‘non possono’ fallire(22). In tal modo, la dicotomia tra autonomia e discrezionalità verrebbe risolta ampliando la prima sino ad assorbire la seconda. Detto in altro modo, un potere già emancipatosi dalla responsabilità politica in nome della neutralità della sua azione nei confronti dei processi di produzione e distribuzione del reddito, troverebbe adesso proprio nella non neutralità e nell’ampliamento del suo raggio di azione la legittimazione della sua autonomia. Il corto circuito tra Banca Centrale e organismi rappresentativi finirebbe in tal modo per non essere più in alcun modo ricomponibile(23)”

[TRATATTE DA A. BARBA e M. PIVETTI, CAMBIAMENTI NELLA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO, DISORDINE FINANZIARIO E CRISI, http://www.theglobalcrisis.info/docs/relazioni/BarbaePivetti.pdf]
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2 risposte

  1. gengiss ha detto:

    Segnalo: “Come ci hanno deindustrializato”, in cui si parla tra l’altro di divorzio Tesoro – Banca d’Italia
    http://www.sinistrainrete.info/finanza/2760-nino-galloni-come-ci-hanno-deindustrializzato.html

  2. stefanodandrea ha detto:

    Gengiss,
    tu fosti contattato fin da principio, quando proposi ad amici e frequentatori di Appello al Poplo, di costituire l’ARS, ma non rispondesti.
    Torno a farmi sotto: cerca di venire a Pescara il 15 e il 16 giugno.

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