Riconquistare l'irrilevanza dello spread

Stefano D'Andrea
Lo spread è un corollario dell'euro e della libera circolazione dei capitali.

 

Prima dell'introduzione dell'euro il concetto di spread non aveva rilievo perché a diversi tassi d'interesse corrispondevano diversi tassi di inflazione. Insomma, non è detto che un tedesco fosse veramente avvantaggiato dal fatto che prendeva denaro in marchi al 4%, rispetto a un italiano che prendeva in prestito lire al 7%. Infatti, l'inflazione che si verificava nel periodo di restituzione poteva rendere conveniente il prestito al 7% (se l'inflazione in Italia era superiore).

Non solo.

Nell'ambito del mercato estero dei capitali, che fino al 1988 (per l'Italia) quasi non esisteva,  incidevano anche i rapporti di cambio.
Infatti, se un italiano prendeva un prestito in marchi al 4% anziché in lire al 7%, poteva accadere che la svalutazione della lira rispetto al marco, svalutazione che eventualmente si verificava nel periodo di restituzione, rendesse molto onerosa la restituzione del prestito ricevuto in marchi, perché l'Italiano guadagnava lire e poi doveva acquistare marchi per restituirli.

Il medesimo discorso valeva, mutatis mutandis, per i "prestiti" che cittadini e imprese facevano agli Stati, acquistando titoli e quindi per gli interessi pagati dagli stati. Una differenza del tasso di interesse attivo non significava nulla di per sé, perché la rendita reale dipendeva dall'inflazione e, in caso di "prestito" allo stato estero considerato come alternativo a quello al proprio stato, la convenienza dipendeva dalle modifiche del rapporto di cambio.

Abbiamo (hanno) discusso per un anno dello spread ma queste verità banali sono state dette? E se qualcuno le ha dette (sicuramente saranno state dette), quante volte sono state ripetute, visto che si tratta del discorso fondamentale sullo spread? Perché non sono divenute patrimonio comune?

Perché la semplice constatazione che il problema dello spread è stato creato dall'Unione monetaria avrebbe potuto suscitare nei cittadini un sentimento antiunionista. E i compito dei media mainstream, per chi non lo avesse capito, non è informare, senza curarsi delle conseguenze che le informazioni provocheranno, bensì formare l'opinione pubblica. E "opinione pubblica" non sta ad indicare notizie, bensì soprattutto giudizi, sentimenti, modi di pensare e di essere, volontà.
 

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Una risposta

  1. Elmoamf ha detto:

    Ci sarebbe da aggiungere poi che lo spread è un valore del tutto speculativo sia in senso letterale/accademico che in senso pratico/economico.

    Speculativo poiché basare le previsioni e le analisi di investimento sull'eventuale differenziale o le previsioni stesse sul suo andamento statistico non ha nulla a che vedere con la concretezza della produzione reale, delle sue finalità e dei suoi scopi. Tutto ciò potrebbe appunto tradursi in speculazione accademica confinabile all'interno di altrettante speculazioni teoriche sulla natura dell'economia.

    Speculativo inoltre ed in modo più tagliente ed incisivo per i rapporti sociali, in quanto tale differenziale vien preso e sfruttato arbitrariamente quanto abilmente quale indicatore della sostenibilità economica di un sistema paese. In modo del tutto improprio ed opinabile. Al pari dei giudizi delle società di rating, suscettibile di condizionamenti pilotati da parte dei grandi investirtori istituzionali o privati che siano.

    Il dogma dello spread o come quello dell'inquisizione. Si cercano le streghe per condannarle a rogo ma solo quelle che risultano scomode alle imposizioni della cultura dominante!

    Un saluto,

    Elmoamf

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